Matteo Bassetti, direttore della Clinica malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e presidente della Società italiana di terapia intensiva, torna a dire la sua sul ritorno alla normalità, su tempi ed esigenze. L’invito di Bassetti è: torniamo a vivere con delle precauzioni.
Secondo Matteo Bassetti, direttore della Clinica malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e presidente della Società italiana di terapia antinfettiva (Sita), è tempo di abbassare i toni e tornare a una pseudo-normalità. E’ quanto ha sostenuto in collegamento con la trasmissione In Onda, su La7. Bassetti avrebbe affermato: “Con mascherine e distanziamento si può tornare alla normalità. Questo è il messaggio che deve venire dalla medicina oggi: torniamo a vivere con delle precauzioni. Non possiamo continuare a dare ogni sera il bollettino di guerra, questo è profondamente sbagliato. Il popolo non è abituato a questi numeri, noi non comunichiamo il numero delle persone colpite da infarto”. Su questo, sulla campagna comunicativa, Bassetti ha le idee chiare: al momento non siamo più in una fase emergenziale ed è quindi giusto abbassare i toni: “E’ giusto mettere in guardia la popolazione durante la fase emergenziale, ma ora non c’è più. Torniamo a vivere facendo meno allarmismo, perché colpisce le aziende e l’economia”.
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Poi una nota sull’efficienza raggiunta in Italia, che dovrebbe rassicurare: “Siamo arrivati a una potenza di fuoco di circa 100mila tamponi al giorno e ci manteniamo su livelli molto significativi”. Insomma, secondo Bassetti bisogna prendere atto delle conquiste fatte e smettere con la retorica della guerra: “C’è quel numero degli oltre 100 pazienti in terapia intensiva che deve essere tenuto in considerazione, ma non deve al momento terrorizzarci. Noi oggi siamo più bravi e il messaggio è che la gente muore di meno. I morti sono sempre tanti, ma è evidente che oggi è una malattia in qualche modo diversa anche perché siamo diversi noi, sia nel fare i tamponi che nel curare le persone”.
Nella comunità scientifica a esporsi sulla questione tamponi è proprio Andrea Crisanti, l’esperto che, affiancando il governatore Zaia, ha seguito gran parte della situazione emergenziale in Veneto. Oggi, come allora, la ricetta è: fare tamponi. Secondo Andrea Crisanti, il virus non è mutato, non è diventato più buono: semplicemente ora abbiamo una rappresentazione più fedele dello stato di contagio, se confrontata con l’inizio dell’epidemia, dove vedevamo solo la punta dell’iceberg. Questo perché effettuiamo più tamponi. In un articolo sul Corriere Crisanti spiega: “Dobbiamo cercare di ricostruire quanti erano effettivamente i casi in Italia durante le prime settimane della pandemia (…) I casi di questi giorni sono circa dalle 15 alle 20 volte inferiori a quelli delle prime settimane della pandemia calcolati tenendo conto del contributo degli asintomatici e dei casi lievi”.
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Ma questo non deve farci rilassare nelle operazioni di tracciamento, anzi. Crisanti avanza la sua proposta per evitare un altro lockdown: estendere la capacità di fare tamponi, fino ad arrivare a circa 400mila test al giorno. “L’identificazione degli asintomatici è proprio la sfida che abbiamo davanti per evitare che i casi aumentino vertiginosamente fino al punto di rottura”. Insomma, quella che veniva definita “potenza di fuoco” da Bassetti, per Crisanti non è ancora abbastanza: “In questo momento le regioni tutte assieme possono al massimo raggiungere la capacità di effettuare circa 90 mila tamponi, picco che viene raggiunto occasionalmente e che non è sufficiente a far fronte alla domanda di test che ci sarà. È dunque questa urgenza che mi ha indotto a presentare, su invito di alcuni membri del governo, un piano che conduca a incrementare, fino a quadruplicare su scala nazionale, la capacità di fare tamponi”.
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