Negli USA è corsa al vaccino, ma è anche corsa alla presidenza: dubbi in tutta la comunità scientifica sulla decisione della Food and Drug Administration di accorciare i tempi sulla speirmentazione delle dosi.
Secondo quanto si apprende dalle fonti internazionali, il capo della Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha affermato di essere disposto ad accorciare i tempi di approvazione per il vaccino Covid-19, bypassando l’ultima fase (la terza) di sperimentazione delle dosi. Il direttore stesso della compagnia, Stephen Hahn, ha sottolineato – nella sua intervista sul Financial Times – di essere intenzionato ad accelerare la corsa al vaccino soltanto nel caso in cui i funzionari ritengano “che i suoi benefici superino i rischi”. Una decisione, questa, che lascia senz’altro molto perplessi sia gli esperti americani che la comunità medica europea – italiana inclusa.
La preoccupazione di mandare sul mercato un vaccino non completamente sicuro, infatti, è ampiamente condivisa dal panorama scientifico. Ma a far storcere ancora di più la bocca, però, è la motivazione che potrebbe celarsi dietro questa avventata decisione della Food and Drug Administration. Alcuni chiacchiericci ampiamente discussi sui media americani, infatti, vedrebbero Hahn ben disposto a fare un favore all’amministrazione Trump, così da riuscire ad annunciare la disponibilità di un vaccino made in USA in tempo per le elezioni di novembre.
Dal canto suo, Stephen Hahn ha cercato di smentire tutte le presunte accuse che gli si stavano levando contro. Si tratterebbe, infatti, di un’autorizzazione all’uso dettata da un piano emergenziale dovuto dalla pandemia (emergency use authorisation), che chiaramente non deve essere vista come un’ “approvazione completa” del vaccino(full approval). Ma saltare la Fase 3 della sperimentazione, che consente agli studi su larga scala di confermare che il prodotto sia efficace e sicuro, rischia di esporre la popolazione a rischi e/o danni dovuti ad alcuni possibili e pesanti effetti collaterali, così come anche a una risposta immunitaria tale da risultare dannosa per l’organismo.
Questo, almeno, è il parere degli esperti americani, con i quali comunque Hahn si rassicura: “Assistiamo alla concomitanza della pandemia di Covid-19 con la stagione politica, una situazione che dovremo superare attendendoci ai nostri principi fondamentali. Questa sarà una decisione scientifica, medica, basata sui dati. Non sarà una decisione politica”. E che gli Stati Uniti siano ancora preda e vittima di una gravosa emergenza sanitaria lo dicono relamente i dati: i casi confermati di Covid-19 nelle scorse 24 ore hanno infatti raggiunto i 6 milioni.
Saltare la Fase 3 della sperimentazione del vaccino anti Covid non è una decsione da prendere alla leggera. Sono per questo tante e consistenti le preoccupazioni avanzate dalla comunità scientifica americana e europea. La dott.ssa Angela Rasmussen, virologa della Columbia University di New York, ha infatti dichiarato su Twitter: “Non possiamo assolutamente tollerare o accettare un’autorizzazione di emergenza per alcun vaccino Covid-19 senza dati affidabili di sicurezza ed efficacia provenienti dagli studi clinici di Fase Tre”.
E non da meno è stato Eric Topol, dello Scripps Translational Research Institute, che ribadisce l’importanza dei test. Sarann infatti necessari “molti mesi”, prima che la sicurezza del vaccino sia completamente confermata, e questo “indipendentemente dalla sottomissione di Stephen Hahn a Trump… Qualsiasi scorciatoia metterà non solo in pericolo il lancio finale del vaccino, ma farà scendere la fiducia pubblica all’immunizzazione – già compromessa”.
Dal fronte europeo, o meglio italiano, le stesse perplessità vengono condivise da Sergio Abrignani e Walter Ricciardi. Abrignani (immunologo, ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare “Romeo ed Enrica Invernizzi”) aveva già mosso le sue critiche in merito durante una recente intervista per il Corriere Salute, riferendosi alla corsa al vaccino della Russia. E più volte ha ribadito come “mettere a punto un nuovo vaccino richiede un percorso lungo e laborioso per garantirne sicurezza ed efficacia e parliamo di anni, non di mesi. Si deve obbligatoriamente passare attraverso 3 fasi”.
Perché sì, “si possono stringere i tempi, ma i passaggi sono obbligati. La durata della protezione è l’unico punto su cui si può fare una concessione: se il vaccino fornirà copertura per 6 mesi o un anno, si tratterà di ripeterlo, come facciamo con l’antinfluenzale. È certamente auspicabile la protezione a vita, ma non è sempre possibile ottenerla. Comunque per avere un vaccino efficace serviranno 2-3 anni, molti meno della media, grazie a un impegno senza precedenti, ma sono tante le cose che non sappiamo di questo virus che studiamo solo da poco”, aveva spiegato infatti l’immunologo.
Parla invece di “deroghe impossibili”, Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza. Riferendosi proprio alla decisione della scelta della Food and Drug Administration degli Stati Uniti, il consigliere ha infatti parlato su Twitter di una “decisione sbagliata e pericolosa”. “Per i vaccini va dimostrata la sicurezza ancora prima dell’efficacia. Non è possibile derogare a metodi e tempi adeguati”.
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