L’ufficio studi della Cgia ha comparato due elementi: infedeltà fiscale degli italiani e costi aggiuntivi che gravano su famiglie dovuti a varie problematiche della Pubblica amministrazione.
Intervenire per ridurre gli sprechi è indispensabile
Il danno economico della Pubblica amministrazione
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I nodi in cui si accumulano gli sprechi
L’ufficio studi della Cgia, attraverso il confronto tra diverse analisi, avrebbe anche individuato i nodi focali nei quali si raggrumano gli sprechi della Pubblica amministrazione italiana. Tra questi, il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la Pa (57 miliardi di euro, stando a quanto riportato dal The European House Ambrosetti); i debiti commerciali della Pa nei confronti dei propri fornitori (53 miliardi di euro, secondo la Banca d’Italia); segue il deficit logistico-infrastrutturale che somma altri 40 miliardi di euro, secondo il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Poi ancora, i tempi della giustizia civile, la spesa pubblica in eccesso che impedisce di alleggerire la pressione fiscale, sprechi e corruzione (che costano 23,5 miliardi di euro l’anno). Tutti questi numeri, ribadisce lo studio, non possono essere sommati, perché sarebbe inesatto da un punto di vista metodologico. Eppure, i dati, presi nel loro complesso, sembrano indicativi. Tutti elementi da tenere in considerazione in vista delle prossime riforme.
Il Governo deve mettere mano al sistema fiscale
Come ribadito da Renato Mason, segretario della Cgia: “Per molte imprese il prossimo autunno sarà uno stress test molto delicato. Probabilmente, tante faticheranno a superare questa fase così difficile legata agli effetti della crisi sanitaria; alcuni segnali, infatti, non lasciano presagire nulla di buono. Il Governo, tuttavia, deve assolutamente mettere mano il prima possibile al nostro sistema fiscale, riducendone il prelievo e il numero di adempimenti che continuano ad essere troppi e spesso difficili da espletare”. Insomma: “Con meno tasse e una burocrazia fiscale più soft si possono creare le condizioni per far ripartire l’economia. Senza dimenticare che il nostro Paese si regge su un tessuto connettivo formato da tantissime Pmi che faticano a ottenere una risposta agli innumerevoli problemi che condizionano la loro attività lavorativa”.