Romano Prodi svela e spiega la sua posizione sul referendum costituzionale, e lo fa direttamente attraverso un editoriale sul Messaggero: il suo è un no al taglio dei parlamentari, perché “bisogna evitare che si pensi che il taglio degli eletti sia una riforma così importante per cui non ne debbano seguire altre, ben più decisive per il Paese”.
L’ex premier Romano Prodi si espone e spiega il perché del suo no al taglio dei parlamentari, riforma che andrà al voto nel referendum costituzionale il 21 e 22 settembre. Prodi si espone attraverso un editoriale sul Messaggero, nel quale spiega: il taglio dei parlamentari non basta. Ciò che è necessario fare è, piuttosto, ripensare il modo in cui il Parlamento opera: “Riconfermando la non primaria attenzione che vi attribuisco, e pur riconoscendo che, dal punto di vista funzionale, il numero dei parlamentari sia eccessivo penso che sarebbe più utile al Paese un voto negativo, proprio per evitare che si pensi che la diminuzione del numero dei parlamentari costituisca una riforma così importante per cui non ne debbano seguire altre, ben più decisive per il nostro futuro del nostro Paese”. Insomma, Prodi ammette l’eccessivo numero dei parlamentari, ma non ammette che la soluzione consista in un semplice taglio. Per migliorare l’attuale sistema legislativo è invece necessario ripensare le funzioni delle due Camere, che attualmente svolgono le stesse funzioni in piena applicazione del bicameralismo perfetto. Poi sarebbe necessario ripensare le commissioni, e il rapporto tra Parlamento e Governo.
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Ma soprattutto, sottolinea Prodi, è necessario ripensare il modo in cui i parlamentari vengono scelti, e non il loro numero: “Il dimagrimento del Parlamento può essere solo la conclusione di un necessario processo di riesame del funzionamento delle nostre istituzioni. Il vero problema non sta infatti nel numero, ma nel modo in cui i parlamentari vengono eletti. Anche senza elaborare profonde analisi teoriche, l’elettore si è reso progressivamente conto che deputati e senatori non sono stati eletti, ma sostanzialmente nominati dai partiti e, come tali, coerentemente si comportano”. Insomma: “Se vogliamo raggiungere l’obiettivo di rendere il Parlamento autorevole e responsabile verso i cittadini, occorre quindi fare ogni sforzo per orientarsi verso un sistema elettorale in cui i partiti, sui quali grava la responsabilità di indicare i candidati alle elezioni, siano spinti a scegliere persone che, per la loro autorevolezza e per la stima di cui godono, abbiano maggiore probabilità di essere votate dagli elettori del collegio con il quale dovranno mantenere rapporti continuativi per tutto il corso della legislatura”.
Cosa ne pensano gli altri?
Dal fronte Pd, intanto, si cerca di mantenere una certa opaca equidistanza nei confronti del referendum costituzionale. Gli impegni presi dal Pd con il suo alleato di Governo, il M5s, prevedono effettivamente un taglio dei parlamentari. Ma all’interno del partito, che storicamente è per il no al taglio, l’entusiasmo è molto tiepido. Proprio per questo Nicola Zingaretti insiste per un’accelerazione sui correttivi proposti, che vanno calendarizzati al più presto per consentire un bilanciamento degli effetti collaterali di un possibile taglio. Tra questi, la legge elettorale. A proposito della legge, Delrio afferma: prevede “un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5 per cento, auspichiamo che non si venga meno da quell’intesa e che sia adottato il testo in esame alla Commissione della Camera prima del 20 settembre”.
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All’interno del Pd, però, sono molti gli esponenti schierati per il no: si pensi agli ex ministri Fabrizio Barca e Peppe Fioroni, o al senatore Francesco Verducci che afferma: “Ci sono molti modi per far funzionare meglio il Parlamento, ma non il taglio ‘lineare’ dei parlamentari a regole invariate. Nessun contrappeso pattuito all’atto della formazione del Governo è stato approvato, a partire da una nuova legge elettorale proporzionale. In queste condizioni considero un dovere votare No. Questo voto è uno spartiacque“. Schierato per il no anche + Europa, per il quale Benedetto Della Vedova commenta: “Importante No a Referendum da parte di Romano Prodi, ragionato ma netto. Più Europa unico partito sempre coerente nel No alla (non) riforma populista e antipolitica del M5S. I partiti che pensano di usare il M5S, in realtà vengono usati da Di Maio e da Di Battista”. Dall’altro lato, il leader di Italia Viva Matteo Renzi non si espone ufficialmente: “Non dico come voto, anche perché l’altra volta nel referendum costituzionale ho personificato la scelta è si è visto come è andata”.