Continuano gli interrogatori relativi al crollo del Ponte di Genova: sono sei i dirigenti di Autostrade che avrebbero ammesso di sapere dell’esistenza di quel “documento sul rischio crollo”. Qualche giorno fa era stato interrogato anche Giuliano Mari, presidente Aspi.
Erano altri sei – oltre a Giuliano Mari, attuale presidente della compagnia – i dirigenti di Autostrade per l’Italia venuti a conoscenza del documento di rischio crollo del Ponte di Genova. A renderlo noto è La Repubblica, che parla di conferme pervenute nei giorni scorsi durante gli interrogatori compiuti dalla Guardia di Finanza.
Secondo quanto si apprende, gli ingegneri sono stati ascoltati come persone informate sui fatti nella caserma Testero di Genova-Sampierdarena, e avrebbero confermato di come, tra il 2014 e il 2016, l’attestato stilato dall’ufficio di Aspi che menzionava il “rischio crollo” del viadotto sul Polcevera sarebbe stato trasmesso alle varie società del Gruppo Atlantia. In tal frangente, dunque, i vertici della holding erano venuti a conoscenza della pericolosità dell’infrastruttura.
Noto il “rischio crollo”, ma solo “teorico e basso”
Gli ingegneri sono stati interrogati qualche giorno dopo Giuliano Mari, il cui interrogatorio si è tenuto il 6 agosto scorso in gran segreto. Nominato presidente di Aspi lo scorso gennaio, negli anni in cui era parte del consiglio di amministrazione della holding, il 74enne era membro anche del comitato che gestisce “il rischio”, insieme agli stessi sei dirigenti interrogati recentemente. Tutti gli appartenenti all’organo in questione, dunque, avrebbero confermato di essere a stati conoscenza del documento relativo al Ponte Morandi – nonostante fino allo scorso novembre i dirigenti avevano ribadito ai magistrati la mancata segnalazione di “pericolo cedimenti” nel report di Spea.
Era stata sempre la redazione di Repubblica a svelare, in esclusiva, quel documento incriminato il 20 novembre 2019, dopo essere stato scovato all’interno del registro digitale di Atlantia nel mese di marzo. Un attestato di “programmazione del rischio”, quello, che era passato dai vari consigli di amministrazione, ed era atto ad informazione gli azionisti, a programmare gli interventi, a chiedere consulenze tecniche e studi a ditte esterne. Per questo, anche i vertici del Ministero delle Infrastrutture ne erano a conoscenza.
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In vista della chiusura delle indagini nel mese di settembre, con gli ultimi interrogatori pare si sia instaurata una tendenza, da parte di Autostrade, a far passare il “rischio crollo” come solo “teorico e basso”. E sempre secondo quanto spiegato dalle fonti, pare che altra tendenza sia quella di far passare il disastro come legato soprattutto a cause esterne, e non direttamente vincolato alla carenza di manutenzione del viadotto.