Il 24 agosto 2016 la terra tremò, distruggendo le località di Amatrice e Accumuli. C’è chi ha lasciato i propri comuni e c’è chi invece non molla e non si arrende al silenzio delle istituzioni.
Era il 24 agosto del 2016, quando nel Lazio la terra tremò in maniera imponente. Un terremoto di forte intensità, che ha portato alla distruzione di due comuni caratteristici della regione laziale. Furono gli abitanti di Accumuli e Amatrice, insieme alle infrastrutture, a pagare il prezzo più grande di questa ribellione della natura. Erano le 3.36 del mattino, quando una scossa di terremoto del sesto grado della scala Richter ha creato morte e distruzione. Alla fine, dopo il consueto grande lavoro di forze dell’ordine, vigili del fuoco e volontari, il conteggio è stato drammatico.
Ben 337 persone persero la vita tra i comuni di Amatrice e Accumuli. Ma da allora, l’unico rumore che si è sentito è stato il grido di dolore e il pianto dei familiari delle vittime. Oltre a quello ancor più grave, a quattro anni di distanza, ovvero le grida di rabbia e di frustrazione. Il tutto per una ricostruzione che non ha preso il via, a causa di un altro rumore, quello più grave di tutti. Stiamo parlando del silenzio delle istituzioni, un silenzio che fa tanto rumore perchè, di fatto, Amatrice e Accumuli sono state abbandonate al proprio destino.
Oggi, nel giorno del quarto anniversario di quel tremendo terremoto, Giuseppe Conte si recherà nei luoghi della strage. Al suo fianco ci sarà il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, ma anche il consueto stuolo di esponenti della politica locale. Come gli assessori alla Ricostruzione e al Turismo, Di Berardino e Pugliese, e il commissario Legnini. Il solito gruppo di politici che presenzia a commemorazioni e manifestazioni, ma che nei fatti non ha compiuto gli atti necessari. Il tutto mentre Accumuli e Amatrice versano nel più grave stato di abbandono.
Non prenderà parte alla cerimonia, che si svolgerà alle 11, l’ex sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi. Quest’ultimo, nei giorni scorsi, aveva detto di aspettarsi “che venga qualcuno di quelli che stanno al Governo e chieda scusa“. Ma al di là delle scuse, che dovrebbero essere doverose per ciò che doveva essere e non è ancora stato, bisogna passare agli atti. Come ribadisce lo stesso Pirozzi, chi deve intervenire su Accumuli e Amatrice “ha bisogno di vedere cantieri e non sentire solo numeri e intenzioni“. Per questo motivo c’è bisogno che chi di dovere tocchi con mano la situazione.
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Una situazione che in questi anni ha visto tante persone andare via da questi due comuni. Gente che ha dovuto cercare di ricrearsi una vita altrove, visto che la propria casa e il proprio paese, di fatto, non ci sono più. Ma c’è anche la rabbia e la determinazione di un gruppo di giovani, che ha deciso che non è il momento di lasciare la barca che affonda. L’intenzione è quella di chiedere con grinta l’intervento delle istituzioni. In primis per restituire dignità a una terra devastata dal terremoto. E poi per far ripartire due località che non possono restare immobili nel silenzio delle istituzioni.