Cosa vuol dire che i primi saranno gli ultimi? In questa parabola una delle spiegazioni che Gesù dà a questa affermazione: ecco come Gesù chiama i “peggiori” per primi!
S. Giovanni Eudes; S. Sisto III; B. Guerriero
20.a del Tempo Ordinario (anno A)
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla
Ez 34,1-11; Sal 22; Mt 20,1-16
Strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto.
Dal libro del profeta Ezechiele 34,1-11
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura. Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore: Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge – hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge –, udite quindi, pastori, la parola del Signore: Così dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto. Perché così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna».
Parola di Dio.
R: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia. R.
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza. R.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca. R.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni. R.
Sei invidioso perché io sono buono?
+ Dal Vangelo secondo Matteo 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Parola del Signore.
La parabola di oggi è in realtà molto dura. I lavoratori che hanno cominciato a lavorare nella vigna all’alba, pur avendo ricevuto quanto pattuito dall’inizio (cioè il Regno dei Cieli), mormorano alle spalle del padrone che ha dato lo stesso compenso a coloro che hanno cominciato a lavorare a pomeriggio inoltrato. Qui non c’è “giustizia sociale”, si direbbe! E invece c’è, perché i lavoratori del pomeriggio, gli ultimi, sono quelli che nessuno ha scelto, che sono riusciti a trovare Gesù per ultimi, che hanno patito di più prima di incontrarlo e seguirlo.
Dunque i primi, i “cristiani del mattino”, quelli che si reputano tali dall’inizio della loro vita, non devono lamentarsi se Dio darà lo stesso compenso, il Regno dei Cieli, a chi lo ha incontrato alla fine della vita. Deve forse subentrare invidia? No! Proprio questo sentimento negativo fa di loro degli “ultimi”, e non “primi” come si credevano. Gesù chiede: siete forse invidiosi perché io sono buono? E non li accusa di essere invidiosi dei loro fratelli che ricevono lo stesso compenso, seppure sono subentrati dopo. Questo perché quei vignaioli si sono ribellati proprio con Dio. Forse non riuscendone a comprendere la grande bontà, che invece avranno sperimentato maggiormente gli “ultimi” vignaioli arrivati, sconsolati nell’attesa di Gesù, magari tra tante preoccupazioni.
Nonostante quell’attesa, loro hanno continuato a cercarlo. I primi avrebbero fatto lo stesso? Questa parola è forse per chi crede di essere bravo, per chi si sente primo, scelto, per i cristiani che si reputano migliori degli altri, dimenticandosi delle parole di Gesù, che afferma: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mc 2,17).
Questa parabola è un bagno di umiltà per chiunque creda di essere migliore degli altri, e per quei cristiani che pensano di essere stati chiamati perché migliori: è il contrario! Gesù sceglie subito chi ha più bisogno di lui, cioè i peccatori e i malati nell’anima. I “peggiori”, in un certo senso! E gli altri lavoratori, che nessuno aveva scelto e che Gesù ha chiamato all’ultimo, forse erano quelli che meritavano una ricompensa in un certo senso maggiore, poiché avevano meno bisogno di essere educati nel lavoro della sua vigna dall’alba della vita. Tutti di loro si salveranno, ottenendo la ricompensa pattuita da Gesù, ma i primi, che si credevano tali agli occhi di Dio, erano in realtà gli “ultimi” agli occhi del Regno dei Cieli.
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