Bimbo di 2 anni muore dopo 4 giorni di coma, era stato dimenticato nello scuolabus

Dimenticarsi di un bimbo di 2 anni, come se fosse un oggetto, un semplice pacco senza importanza. La distrazione si è rivelata fatale, il piccolo, Nong Kongbin, è morto dopo 4 giorni di coma.

Il bimbo è salito sul pulmino ma arrivato davanti scuola non è sceso. La tragedia è avvenuta lo scorso 11 agosto, in Thailandia. Nessuno si è accorto dell’assenza del piccolo, né la maestra o l’autista del bus. Solo sua madre, la 26enne Suwapat Yodmanee, ha notato che nelle foto di gruppo postate dagli insegnanti sui social, mancava il volto del suo piccolo. La donna si è così preoccupata e ha chiamato l’istituto. Si è poi precipitata a scuola, ma il bimbo era già stato trovato privo di sensi e trasportato all’ospedale Maharaj Nakhon Si Thammarat.


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Aggrappato alla vita tramite le macchine

Il bimbo è rimasto attaccato alle macchine per 4 giorni. I medici hanno poi dovuto comunicare alla famiglia che non c’era più nulla da fare per lui. «Dopo quattro giorni di coma, abbiamo informato la famiglia di Nong Kongbin che dovevano prepararsi a lasciarlo andare – ha dichiarato il dottor Songkiat Lektrakoon – Abbiamo staccato i macchinari su indicazioni dei parenti lunedì sera».

Aperta un’indagine

Secondo il direttore dell’asilo nido, Sunistha Phookwanish è lo staff dell’istituto ad avere l’incarico di prendersi cura dei 17 bambini che vengono portati all’asilo sullo scuolabus. L’autista ha raccontato che quella mattina un forte temporale si stava abbattendo nella zona e che, nella fretta, non si è accorto che Nong era rimasto dentro il bus.

Il risarcimento del valore di 250 euro

Il centro di assistenza all’infanzia inizialmente ha dato 10.000 baht, poco più di 250 euro, come risarcimento alla famiglia, ma non è escluso che qualcuno finisca a processo. Sonthichai Arwattanakulthep, il capo della polizia locale, ha dichiarato: «Coloro che erano incaricati di prendersi cura dei bambini nel furgone della scuola dovrebbero essere accusati di negligenza. Abbiamo aperto un’indagine per capire cosa è successo».

Marta Zelioli

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