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Coronavirus, in Spagna discoteche chiuse e divieto di fumo per strada

Peggiora sempre più la situazione coronavirus in Spagna, che in una sola giornata ha sfiorato i 3mila contagi. Così aumentano le misure restrittive: nel Paese chiudono le discoteche e appare il divieto di fumo per strada.

(Foto di Cristina Quicler, da Getty Images)

Per capire il perché delle nuove strette applicate in tutta Spagna, è necessario dare un’occhiata ai numeri, che sono brutali: stando a quanto riportato dal quotidiano El Pais, nelle ultime 24 ore sono stati 2.935 i nuovi casi di coronavirus segnalati dal ministero della Salute. Madrid, in questo quadro, rappresenterebbe la città più colpita, registrando 842 nuove infezioni. Subito dopo, i Paesi Baschi (con 545 nuovi positivi) e Aragona (418 positivi). Un incremento che preoccupa, considerando che nella giornata di mercoledì i nuovi positivi erano stati 1.690. Così arrivano anche le prime restrizioni, a partire dalla movida. E’ già stata predisposta, infatti, la chiusura delle discoteche in tutto il Paese, unitamente a nuove strette per bar e locali, per i quali è prevista la chiusura anticipata. Ad annunciarlo il ministro della Sanità Salvador Illa, dopo aver convocato una riunione d’urgenza con le autonomie. Sono undici le nuove misure annunciate dal ministro, tra cui anche un maggiore controllo sull’utilizzo delle bottiglie nei locali. Poi una raccomandazione: è necessario limitare gli incontri ai gruppi più vicini, senza superare il tetto massimo di 10 persone.

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Come mai il divieto di fumo?

(Foto di Cristina Quicler, da Getty Images)

In aggiunta a queste misure relative alla gestione dei locali, una nuova norma viene estesa a tutti i cittadini spagnoli: il Governo ha ora disposto il divieto di fumo per strada o in spazi pubblici all’aperto nel caso in cui non si sia in grado di rispettare la distanza di due metri. Si tratterebbe, in realtà, dell’estensione di una misura già adottata precedentemente in Galizia e nelle Baleari. Dietro una stretta di questo tipo ci sarebbe una nuova ipotesi sull’incremento di rischio di contagio legato al fumo, o alla pratica del fumare. Si tratta di una teoria non condivisa unanimemente tra gli esperti, ma le cui evidenze al momento a disposizione sono state sufficienti per orientare la decisione del Governo. La nuova misura sarebbe stata adottata progressivamente anche da Madrid e altre regioni della Spagna, come Castiglia e Leon, Castiglia La Mancha e Andalusia. Poi, l’estensione a tutto il territorio nazionale.

Il provvedimento sarebbe dovuto alla presunta pericolosità del fumo in quanto veicolo di trasmissione della Sars-CoV-2. A sottolineare questa ipotesi per la prima volta è stata la Commissione di salute pubblica del Sistema sanitario nazionale, a luglio. Stando a quanto evidenziato, il fumo potrebbe essere un veicolo di trasmissione per due motivazioni fondamentali: l’intermittenza nell’utilizzo della mascherina e l’emissione massiccia di goccioline. Ad aggravare il pericolo di contagio è soprattutto il fumo in compagnia, momento in cui si coniugherebbero le due ragioni di contagio sopraelencate. L’assenza di mascherina, la riduzione della distanza di sicurezza e l’emissione di goccioline comporterebbero un mix micidiale per la diffusione del contagio. Da qui la nuova ordinanza: prima di accendersi una sigaretta, è necessario allontanarsi di almeno due metri. Invece, sull’ipotesi che sia il fumo a trasportare il coronavirus, molti studiosi restano scettici, sottolineando: al momento non ci sono evidenze scientifiche in grado di dimostrare che il fumo trasmetta il coronavirus; a fare la differenza sarebbero piuttosto le pratiche di comportamento adottate mentre si fuma.


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Ad esempio, Sergio Harari pneumologo all’Ospedale San Giuseppe MultiMedica di Milano e professore di Clinica Medica all’Università di Milano, afferma: “Non esiste alcuna evidenza scientifica che il fumo trasporti il coronavirus. In letteratura non ci sono pubblicazioni a riguardo e mi sembra un problema marginale rispetto ad altre modalità di contagio decisamente più rischiose. Anche per quanto riguarda l’inquinamento esistono forti dubbi che possa veicolare il virus e che possa facilitare l’infezione”. Fa eco anche Giorgio Buonanno, docente all’Università di Cassino e alla Queensland University of Technology di Brisbane: “Le particelle che espira un non fumatore non sono diverse da quelle rilasciate da un fumatore: quest’utimo emette oltre all’aerosol anche il fumo, che è però neutrale rispetto al virus. Semmai la respirazione è più forzata, ma stiamo parlando di goccioline grandi che fuoriescono a gran velocità e cadono rapidamente a terra. Non è tanto il fumo il problema, quanto il fatto che in compagnia il fumatore tende ad avvicinarsi agli altri ed entrare in una distanza ‘di insicurezza’ con la mascherina abbassata”.

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