Secondo una recente inchiesta, non esiste ancora una rete logistica all’altezza di un traffico così ampio di dosi di vaccino. Potrebbe essere impiegata una quantità ingente di aerei per trasportare i farmaci in giro per il mondo.
Negli ultimi giorni è tornato a tenere banco il tema riguardante il vaccino per prevenire il Coronavirus. Hanno fatto rumore in particolare le voci in arrivo dalla Russia, in particolare dal presidente Vladimir Putin. È stato lui a rendere noto il perfezionamento del metodo ribattezzato Sputnik, con un chiaro intento politico. Proprio come la nota navicella che per prima ha raggiunto il suolo lunare, anche il vaccino made in Russia sarebbe stato completato prima del rimedio americano. E per questo motivo non sono mancate le reazioni di dissenso e di dubbio sulla bontà di questo farmaco.
Ma nel frattempo emergono dei dubbi proprio sulla capacità, su scala mondiale, di distribuire in maniera rapida, efficiente e massiccia il vaccino. Non tanto quello russo, sul quale si continua a dubitare, ma tutti gli altri che sono allo studio di diversi esperti in giro per il mondo. I potenziali vaccini in fase di preparazione sono ben 160, 25 dei quali sono ancora in fase di studio clinico. Una quantità ancora minore, stando ai rumors che arrivano dai laboratori, sarebbero già allo stadio finale. Tuttavia, il timore più grande riguarda il fatto che la loro efficacia non superi il 50% dei casi.
E poi, come detto, ci sono i dubbi di natura puramente logistica. Sul piano della conservazione delle dosi sembra che si sia arrivati a un compromesso, legato all’uso di appositi sistemi di refrigerazione. Tuttavia, le grandi potenze mondiali – non solo gli Stati Uniti, ma anche e soprattutto Russia e Cina – dovranno risolvere il problema legato alla distribuzione del vaccino anti-Covid. E uno specialista del settore, come il chief executive del colosso farmaceutico Merck & Co. Kenneth Frazier, ammette l’esistenza del problema. “Si parla tanto di sfide scientifiche ma un problema ancor più complesso è la distribuzione. Serve un vaccino prodotto e distribuito ovunque“, ha detto.
Dunque il rischio di ritardi, o peggio di errori nella consegna non fa dormire sonni tranquilli ai produttori del vaccino. E ancor di più, complica la situazione internazionale a livello diplomatico. Anche perchè ognuno dei rimedi prodotti può avere requisiti diversi dagli altri, rendendo ovviamente diversa la gestione di ogni singola dose. Tanto da far valutare soluzioni alternative, specialmente nel caso di distribuzione in territori lontani da quello di produzione. Ma il problema più grande in tal senso potrebbe essere rappresentato dalla forte rivalità tra leader nel settore farmaceutico.
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Si può leggere in tal senso la guerra tra società leader. Ce ne sono alcune, come Novavax e GlaxoSmithKline, che hanno ricevuto fondi federali negli Stati Uniti nell’ambito di un piano da 9 miliardi dollari. E c’è chi, come la Inclusive Vaccine Alliance stipulata da diversi Paesi dell’Unione Europea, sta cercando di migliorare la propria posizione. Ma questi programmi pubblici, come quello europeo, rischiano di emarginare Paesi più in difficoltà. Per questo motivo si è mossa anche l’Oms con l’istituzione del progetto Covax, in modo da non dimenticare nessuno in questa lunga battaglia.
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