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Vaccino anti-Covid, virologo Vella: “Servono prove di efficacia e sicurezza”

La Russia ha annunciato di aver centrato l’obiettivo: il vaccino contro il coronavirus, soprannominato Sputnik V, è pronto, ed è già stato somministrato alla figlia di Vladimir Putin. A commentare l’annuncio, il virologo Vella, intervistato da Quotidiano.net: “Penso che la ricerca in Russia sia molto avanti in generale, così come in Cina. Prima però occorre veder pubblicate prove di efficacia e sicurezza”.

La Russia ha lanciato l’annuncio che ogni Paese avrebbe voluto ascoltare: il vaccino contro il coronavirus è stato trovato, è pronto. Poi il presidente russo Vladimir Putin è andato anche oltre, affermando: “E’ stato somministrato a mia figlia”. Tuttavia, sia l’Oms che gli esperti della comunità internazionale restano scettici, numerosi sono i dubbi e poche sono le risposte fornite dalla Russia. I dubbi nascerebbero innanzitutto da una lacuna: le autorità russe non hanno ancora fornito nessun dato a supporto dell’efficacia e della sicurezza di Sputnik V (è questo il nome dato al vaccino). E ancora: numerosi sono i sospetti sull’ultima fase di sperimentazione, che potrebbe esser stata accelerata in maniera coatta e, a detta di molti, scellerata. Una somministrazione di massa di un vaccino che non supera standard di sicurezza potrebbe causare più danni che vantaggi. E infatti l’Oms ha subito frenato: la Russia dovrà superare verifiche rigorose, come ogni altro Paese.

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A parlare della questione è stato anche il virologo Stefano Vella, docente di salute globale all’Università Cattolica di Roma, rappresentante italiano nel programma sanitario europeo Horizon, che a Quotidiano.net ha affermato: “Penso che la ricerca in Russia sia molto avanti in generale, così come in Cina. Ci sono del resto 140 aziende in corsa, in diverse parti del mondo, quindi possiamo mettere in conto qualche risultato a sorpresa. Prima però occorre veder pubblicate prove di efficacia e sicurezza“. Poi su un possibile “effetto propaganda” dietro l’annuncio di Putin, Vella ha affermato: “Ci sarà anche una componente di propaganda” ma “in medicina i nodi vengono al pettine”. Tra l’altro, gli annunci fanno parte del gioco, sembra sottolineare Vella. Dagli Usa, a Oxofrd, all’annuncio dello Spallanzani, tutta la comunità sembra interessata a comunicare i propri progressi, anche con un certo ottimismo. Ma Vella spiega: “Il problema è la messa in produzione su larga scala. Produrre un vaccino è relativamente semplice, così come testarlo su una cerchia ristretta di volontari. Ma poi devi sperimentare su ampi strati di popolazione”.

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A quel punto si andrà alla ricerca di migliaia di volontari, soprattutto nei Paesi maggiormente colpiti dal coronavirus: Russia, Usa, Brasile, Sudafrica, India. Resterebbero fuori Europa e Cina, perché “queste sono aree geografiche dove attualmente il virus circola relativamente poco”. Largamente colpite in un primo momento, ora non fornirebbero i numeri necessari per garantire un test su larga scala. Poi toccherà capire come produrlo nelle piattaforme dell’industria farmaceutica e fare accordi di distribuzione. Ma tutto questo dopo, e solo dopo, aver testato l’efficacia del vaccino, anche a lungo termine, su ampia scala. E anche una volta trovato un vaccino funzionante e privo di effetti collaterali, sarà necessario sciogliere una serie di altri nodi decisionali. Ad esempio “dovremo capire se è bene vaccinare tutti per raggiungere l’immunità di gregge o se è sufficiente iniziare dalle categorie più esposte come sanitari, anziani, forze di polizia”.

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Eppure, una volta superati tutti questi scogli, Vella resta ottimista: il vaccino arriverà a tutti. Poco importa chi lo troverà per primo. Ciò che sarà importante sarà lavorare insieme per garantirlo a chiunque, evitando antagonismi o accaparramenti tra i diversi Paesi: “Sarà una prova di civiltà districarsi tra brevetti e prevenire accaparramenti. Dobbiamo ripetere quel miracolo accaduto con l’Aids, quando organizzai la conferenza mondiale a Durban, con Mandela, e scattò la solidarietà universale. Oggi i farmaci antiretrovirali sono disponibili in tutto il globo, senza preclusioni”. Poi una previsione sul futuro, e sulle tempistiche che possiamo aspettarci: entro fine anno si scoprirà se esiste un vaccino efficace da produrre. A quel punto però sarà necessario gestire le altre tappe successive, di cui sopra, che esulano dalla mera ricerca. Insomma, difficilmente riusciremo ad evitare l’ondata stagionale di ritorno grazie al vaccino. In compenso però ora abbiamo una strategia e nuove conoscenze, dovremmo riuscire a gestire meglio l’ondata anche senza il famoso vaccino, dice Vella.

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