Bonus ai deputati, consigliera Milano: “L’ho chiesto, non vivo di politica”. Anita Pirovano si “autodenuncia” sui social spiegando il perché della sua richiesta
“Dalle prime indagini sarebbe emerso che i 5 di Montecitorio sarebbero tre deputati della Lega, uno del Movimento 5 Stelle e uno di Italia Viva. Inoltre, nella vicenda sarebbero coinvolti addirittura duemila persone tra assessori regionali, consiglieri regionali e comunali, governatori e sindaci. Apprendo dunque da Repubblica online che sarei coinvolta (!) nello scandalo dei “furbetti del bonus” e mi autodenuncio“. Così la 38enne Anita Pirovano, consigliera comunale di Milano Progressista si sfoga su Facebook in merito alla notizia dei bonus Covid-19 a deputati ecc. La donna distingue tra deputati, che guadagno sui 12mila euro lordi al mese mentre un consigliere comunale prende cifre completamente differenti.
In un colloquio col Corriere della Sera, Pirovano si dice indignata per il paragone con deputati, assessori e consiglieri comunali che guadagnano molto di più. Pirovano spiega di non avere uno stipendio che proviene dalla politica e non le vengono pagati i contributi Inps:”Ricevo un gettone di presenza di circa 80 euro lorde a seduta. Quindi, per riuscire a ottenere un’autonomia di reddito da ceto medio bisogna almeno avere un lavoro part-time. Faccio politica da quando avevo 18 anni, per tanto tempo ho messo da parte il mio lavoro. Ma alla soglia dei 30 anni ho deciso di portare avanti le due professioni perché il mondo è precario. Lavoro con la partita iva per un centro di formazione professionale, per l’università e ho varie consulenze come psicologa. Ho un’autonomia di reddito dignitosa ma non alta. Quando si è aperta la possibilità di chiedere il bonus ho pensato in tutta tranquillità di usufruire di questa possibilità. Perché i lavoratori autonomi devono essere penalizzati?“.
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La consigliera racconta ancora:”Non vivo di politica perché non voglio e non potrei. Non potrei perché ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e – addirittura – ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza. In più ho studiato fino al dottorato e all’esame di stato per diventare psicologa e ricercatrice sociale, professione in cui negli ultimi tempi mi sembra spesso di essere “più utile” alla società che in consiglio comunale (attività a cui comunque dedico tutto il tempo non lavorato e la passione di cui sono capace). Infine e soprattutto pur non cedendo alle sirene antipolitiche ho capito sulla mia pelle che avere un lavoro (nel mio caso più d’uno in regime di lavoro autonomo) mi consente di essere “più libera” nell’impegno politico presente e ancora più nelle scelte sul futuro, per definizione incerto”.
Pirovano prosegue poi chiarendo che “come tanti mi indigno se un parlamentare in carica fruisce di ammortizzatori sociali e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia di reddito. Tutto ciò premesso, qualcuno mi spiega perché da lavoratrice (e la politica non è un lavoro per definizione) non avrei dovuto fare richiesta di una misura di sostegno ai lavoratori destinata perché faccio anche politica? Considerato ovviamente che pur lavorando tanto ed essendo componente di un’assemblea elettiva (il che non mi garantisce nè un’indennità nè banalmente i contributi inps) ho un reddito annuo dignitoso e nulla di più. Mi arrabbio ancor più se penso che nel calderone dei 2.000 probabilmente sarà stato tirato in causa anche qualche sindaco (accomunato ai parlamentari o ai consiglieri regionali dal comune impegno politico ma non dal conto in banca) di un piccolissimo comune con una grandissima responsabilità pubblica e un’indennità di poche centinaia di euro annue”. Infine chiosa con un appello:”Vengano allo scoperto i 5 parlamentari che hanno chiesto e ottenuto il bonus Covid-19“.