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Beirut, più di 140 morti e 5mila feriti: “Un boato fortissimo, indescrivibile”
Sale a più di 140 il numero dei morti a Beirut e a 5000 quello dei feriti. A scatenare il disastro, l’esplosione nel porto della capitale libanese avvenuta il 4 agosto.
“Tanti cadaveri: sparsi per terra, e che emergono dall’acqua, sulla costa. Avviene anche adesso”, spiega il giornalista Pierre Balanian di Beirut contattato dalla nostra redazione. Poi aggiunge: “Sono in corso le indagini. Si è riunito il Consiglio Supremo di Difesa Libanese che ha deciso lo stato di emergenza per due settimane. Ora tutto è in mano all’esercito, tutta la sicurezza nazionale”. Le due esplosioni hanno avuto luogo il 4 agosto intorno alle 18 ora locale, nella zona del porto della capitale. O meglio, un’esplosione è avvenuta dopo che dalla zona del porto si era alzata una grossa colonna di fumo. A causare la tragedia è stato, forse, lo scoppio di grosse quantità di nitrato di ammonio, un composto chimico utilizzato come fertilizzante e per la costruzione di bombe. Prosegue il conteggio dei morti, purtroppo destinato a salire. Per ora le vittime ammonterebbero per ora a più di 140, 5mila i feriti.
“Ricordo un boato fortissimo, indescrivibile”
Nel frattempo Beirut cerca di rimarginarsi tra le macerie, e le prime testimonianze cercano di fare i conti con quella che Associated Press ha definito “un’esplosione scioccante anche per una città che ha visto 15 anni di guerra civile, attentati suicidi, bombardamenti israeliani e omicidi politici”. A descrivere la catastrofe anche le parole del caporal maggiore capo scelto dell’Esercito Italiano Roberto Caldarulo: “Ricordo un boato fortissimo, indescrivibile. Gli avvenimenti si succedevano molto velocemente. Subito dopo l’esplosione c’è stato un attimo di smarrimento, abbiamo fatto un controllo tra noi per vedere se qualcuno stava peggio degli altri e ci siamo rasserenati. Io non mi ero nemmeno accorto della ferita: avevo un po’ di sangue dalla mano,ma niente di trascendentale. La cosa che tuttora ci preoccupa è la situazione della popolazione libanese. Non è stata una bella esperienza, ma noi siamo stati fortunati altre persone purtroppo no”. Poi ancora: “I soccorsi sono stati quasi tempestivi nonostante la strade non fossero al massimo della praticabilità. La cosa bella è stata vedere la colonna del contingente italiano di Unifil quando è venuta prenderci. E’ stato bellissimo: il viaggio un po’ lungo, siamo arrivati in base verso l’alba. Vedere l’alba è stato l’inizio di un nuovo giorno“.
Poi il maggiore prosegue, spiegando le dinamiche e tirando le somme: “Per noi era una normale giornata di lavoro. Stavamo preparando tutto quello che serviva per la prossima attività . Noi siamo un nucelo Jmou e aiutiamo gli assetti per l’afflusso e il deflusso da e per i teatri operativi con i trasporti multimodali. Stavamo trascorrendo la giornata in massima serenità”. Nonostante la sorpresa, la reazione è stata immediata: “Siamo stati coesi e lucidi e una volta sincerato che la situazione sanitaria era apposto ci siamo prodigati per avvisare le nostre famiglie a casa per farli stare più sereni. Noi ce la siamo cavata, stiamo bene, speriamo che le cose vadano sempre meglio”.
Nel frattempo tutti i capi di Stato esprimono la loro vicinanza al popolo libanese. Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio ha già informato su Facebook: “Stamattina è partito dalla Base di pronto intervento umanitario delle Nazioni Unite di Brindisi un volo umanitario diretto a Beirut – organizzato dal ministero degli Affari Esteri, insieme al Dipartimento della Protezione Civile e al Comando Operativo del vertice Interforze – con un carico di circa 8,5 tonnellate di materiale sanitario messo a disposizione dalla Cooperazione Italiana”. Intanto il presidente americano Donald Trump sembra fare marcia indietro sulle cause dell’incidente, affermando: “Nessuno sa la causa delle esplosioni di Beirut”. In precedenza, infatti, Trump aveva parlato senza mezzi termini di “terribile attentato”, un’affermazione subito smentita dal Pentagono, che si è affrettato a spiegare: al momento non ci sono prove di un possibile attentato.
I dettagli della tragedia
Nel frattempo il ministro dell’interno Hassan Diab ha sostenuto che la causa della tragedia sarebbe da rintracciare nell’esplosione di un deposito dove erano conservate 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio. Ha fatto eco il presidente libanese Michel Aoun ha dichiarato: la sostanza era stata sequestrata sei anni fa. Da quel momento, nonostante le numerose richieste di intervento a causa della pericolosità della situazione, era stata lasciata nel magazzino del porto. Nel frattempo l’agenzia di stampa Reuters ha affermato che l’esplosione sarebbe stata innescata a causa di lavori di saldatura nei pressi del magazzino. Il tutto, in spregio del report di diversi ispettori che nei mesi scorsi avevano certificato gli scarsi standard di sicurezza con i quali veniva conservato il materiale.
Il nitrato d’ammonio conservato nel magazzino, infatti, fu sequestrato al cargo russo con bandiera moldava Rhosus il 21 novembre 2013. Il cargo approdò a Beirut a causa di problemi tecnici. Nel porto della capitale gli ispettori libanesi salirono a bordo e trovarono oltre 2mila tonnellate di nitrato imbarcate in Georgia e dirette verso il Mozambico. Da lì scattò il sequestro a causa di una serie irregolarità. Il carico finisce nell’hangar 12. Il 26 giugno 2014 il direttore della dogana Shafik Merhi scrive ai superiori: cosa fare di quel carico? Poi una serie di sollecitazioni, fino alla tragedia. Tante le teorie sull’esplosione che ha sventrato la città. L’agenzia di stampa Reuters cita fonti anonime vicine alle indagini e parla di “negligenza”. Altri pensano piuttosto alle recenti tensioni tra Israele e Hezbollah, gruppo islamista attivo nel sud del Librano. Al momento sia Israele che Hezbollah hanno negato qualsiasi coinvolgimento. Israele si sarebbe anzi offerta di inviare aiuti, mentre il movimento filo iraniano avrebbe fatto appello all’unità.