E’ stato omicidio stradale perché, a causa dell’insufficiente manutenzione di via Ostiense a Roma, è deceduta la 25enne Elena Aubry cadendo dalla sua Honda Hornet.
Non è stata tutelata la sicurezza di ciclisti, automobilisti e centauri. Queste sono le gravi carenze che il 6 maggio del 2018 hanno finito per provocare la morte di Elena Aubry, la 25enne deceduta cadendo con la sua Honda Hornet per via degli avvallamenti e delle radici mai rimosse dalla strada. Queste sono le accuse formulate nei confronti di sei indagati ( tre dipendenti comunali e tre privati). Ad oggi rischiano il carcere, dopo la chiusura delle indagini disposta dal pm Laura Condemi.
L’inchiesta si chiude cinque giorni dopo la fine dei lavori per il rifacimento del tratto di Ostiense dove è avvenuto l’incidente due anni fa. Si capisce perché la Procura abbia deciso di adottare la linea dura contestando il più grave omicidio stradale. In base al Codice della strada, infatti, chi gestisce i lavori ha l’obbligo di tenere il manto privo di avvallamenti o dossi. Come si evince dai dai lavori appena terminati, l’obbligo non è stato rispettato. Così gli indagati rischiano pene fino a sette anni, mentre con l’omicidio colposo sarebbero stati massimo cinque anni di carcere. È la prima volta che la Procura contesta l’omicidio stradale nei confronti di dipendenti pubblici che dovevano garantire la sicurezza della strada.
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Il pm ha innanzitutto individuato gli amministratori pubblici che avrebbero avuto il compito di salvaguardare la sicurezza stradale. E così il processo è stato aperto per sei persone. Su questo versante sono indagati due dirigenti del Campidoglio appartenenti al dipartimento Simu (Sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana). Ma i controlli volti a certificare la sicurezza della strada, avrebbero dovuto essere disposti anche da un funzionario del Municipio X inquadrato nel servizio Infrastrutture stradali. C’è poi un ambito di responsabilità rilevato dagli inquirenti per l’impresa vincitrice dell’appalto per la manutenzione di quel tratto di strada. In questo caso, nel registro degli indagati è stato iscritto il proprietario della ditta. Indagati anche i due dipendenti delegati dall’imprenditore per verificare lo stato della strada e la tenuta del manto.
«Spero che dal processo emerga quanto dovrebbe essere ovvio da sempre: le strade vanno curate, altrimenti motociclisti e automobilisti muoiono». così parla Graziella Viviano, la mamma di Elena.
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