Donatella Magagnini è la madre di Daniele Pongetti, morto che aveva 16 anni. «Una condanna più alta non avrebbe fatto male, non ho colto niente in quegli sguardi» Donatella aveva una missione: «Ho dato ai colpevoli le foto di mio figlio e non hanno reagito»
Voleva guardarli in faccia
Donatella Magagnini è la madre di Daniele Pongetti, uno dei ragazzini perduti nella notte più buia che Corinaldo ricordi. Aveva 16 anni. «Non ero mai andata in aula. Mi sono levata la soddisfazione di guardarli in faccia. Fa rabbia sapere che loro alla fine si faranno qualche anno di carcere e, visto che sono tutti molto giovani, quando usciranno avranno ancora una vita davanti. Il mio Daniele invece aveva 16 anni quando è morto, e la vita gli è stata tolta». Donatella dice che ieri, uscendo di casa per andare al Palazzo di Giustizia di Ancona, ha parlato alla fotografia di suo figlio, sul mobiletto. «Gli ho detto: ecco, ci siamo dai… stamattina si va». Donatella ha poi espresso il suo pensiero in merito alla sentenza: « Non gli avrebbe fatto male una condanna più alta. Ci siamo guardati negli occhi, aspettando il giudice, e non ho colto niente in quegli sguardi. Sono arrivata a un passo da loro perché avevo una missione da compiere».
La missione di Donatella
«In un momento di pausa ho chiamato uno dei loro avvocati e gli ho detto: mi fa una cortesia? Darebbe queste agli imputati? Era la foto di Daniele, una per ciascuno. Lui le ha messe sulle sedie e quando sono entrati ho visto che le avevano nelle mani, ho osservato la loro reazione». E riguardo la reazione degli imputati, alla vista della foto di Daniele: «Si sono voltati verso di me, abbiamo incrociato gli occhi un istante e, come dicevo, non mi hanno trasmesso niente. Avevo pensato: sono giovani, avranno l’espressione spaventata di chi l’ha fatta grossa. Invece non mi è sembrato che fosse così. Non ho trovato in loro la bellezza che aveva il mio Dani quando combinava qualcosa e veniva lì ad abbracciarmi e baciarmi per farsi perdonare».
La vita senza Daniele
Una madre che perde un figlio, Donatella riassume così questi mesi senza Daniele: «Come un tempo senza più progetti per il futuro. Prima cercavo di guardare oltre, pensavo all’avvenire. Adesso quella parola, avvenire, è il mio prossimo minuto, tutt’al più la mia giornata, non oltre. Navigo a vista, come si dice. La mia più grande attenzione, tutti i miei sforzi e il mio bene assoluto, adesso, sono verso l’altra mia figlia, Debora». Ed in merito ai passaggi giudiziari dell’inchiesta, viene domandato a Donatella se li ha seguiti: «Non nel dettaglio. Adesso quel che aspetto — e credo come me anche gli altri parenti — è l’altro processo, quello ai responsabili della Lanterna Azzurra». In merito ai tempi riguardo a questo processo: «Sapremo dopo l’estate quando comincerà. Quel posto non aveva nessuna carta in regola per essere aperto. Era accatastato come magazzino agricolo. Certo, in tutta questa storia anche i ragazzi condannati ci hanno messo del loro con lo spray al peperoncino, ma la verità è che se la Lanterna fosse stata chiusa Daniele non sarebbe morto. E la lanterna DOVEVA essere chiusa».
Il ricordo di Daniele
Donatella si reca al cimitero per trovare conforto e rendere omaggio a suo figlio «Ogni giorno. L’anima di Dani è sempre con me ma lì vado a rendere omaggio al suo corpo, al ragazzino che quella notte non era più lo stesso che avevo cresciuto, tanto era stato sfigurato dalla morte. Ci vado, lo coccolo un po’ e mi pare di consolare quel corpo. Gli dico sempre: stai sereno amore mio. Ovunque sia vorrei che fosse il ragazzino allegro e spensierato che era».