Torna il terrore del coronavirus a Hong Kong, dove due giorni fa hanno chiuso anche i ristoranti. Si parla di una terza ondata, ora più tangibile che mai: gli ospedali sono già arrivati a saturazione e la governatrice Lam ha lanciato l’allarme per la preoccupante impennata dei nuovi casi.
Hong Kong torna a capofitto nell’incubo coronavirus, e lo fa con una terza ondata dagli effetti devastanti: il sistema ospedaliero di Hong Kong rischierebbe, infatti, il collasso a causa dell’impennata di casi Covid-19. A confermarlo sono direttamente le parole della governatrice Carrie Lam che, lungi dal tenere un tono rassicurante, invita tutti a restare a casa, perché la città è “sull’orlo di un focolaio di comunità su larga scala”. Per questo si è già provveduto con le dovute misure di contenimento, che ormai conosciamo bene: mascherine obbligatorie in tutti i luoghi pubblici, anche all’aperto, e chiusura dei ristoranti. Si tratta di nuove strette che arrivano a seguito di un’allarmante accelerata di contagi: Hong Kong torna a preoccuparsi con 100 infezioni giornaliere, a fronte dei dati di meno di un mese fa, con la media di casi al giorno sotto la decina. Così entra in crisi anche quello che era stato definito, da fuori, un modello efficace di contenimento della pandemia. Per questo la città torna a rinserrarsi in se stessa: chiusi ristoranti, palestre, piscine, spiagge e cinema. Rinviata la riapertura di asili e scuole internazionali, smart working per il 40 per cento dei dipendenti pubblici e tamponi a tappeto per i tassisti.
Intanto il Governo locale non nega la gravità della situazione: “la situazione è molto preoccupante”. Nell’individuazione di colpe e mancanze, è entrata all’attenzione degli esperti una lacuna nel controllo degli ingressi di alcune categorie di viaggiatori provenienti dalla Cina, viaggi consentiti senza l’effettuazione di test e quarantena. Poi, gli equipaggi di compagnie aeree e navali che, secondo un’inchiesta del South China Morning Post, rappresenterebbero una parte consistente dei nuovi contagi da inizio luglio. Secondo i dati, infatti, su 111 casi importati dall’8 luglio, circa 34 sarebbero piloti di aereo, steward e marinai (il 30% dei casi). Alla base di tutto ci sarebbe una grande difficoltà nel rintracciare i focolai, o nel rintracciarli in tempo, che incrinerebbe irrimediabilmente anche la capacità di spezzare la catena di contagi. Una situazione che rischia di peggiorare sempre più, visto che l’autorità sanitaria locale ha già chiarito qualche giorno fa: gli ospedali pubblici non riescono a tenere il passo. Oggi la conferma del reale rischio di collasso del sistema.
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