In provincia di Agrigento, un giovane, prima di morire accoltellato, fa il nome del suo assassino che ora è in carcere. Manca però il movente e l’arma. Il paese si barrica dietro uno scudo di omertà.
Un’altra storia di omertà, è quella che ci racconta la morte di Vincenzo Busciglio, 23 anni siciliano di Alessandria della Rocca, un paese di 2000 anime in provincia di Agrigento, dove ci sono pochi giovani e tanti anziani che hanno buoni occhi e orecchie ma bocche ben chiuse. C’è una famiglia però, che con le sue urla strazianti, grida tutto il suo dolore per la perdita del figlio e chiede a gran voce giustizia; “non sappiamo perché Vincenzo è stato ucciso. Aiutateci”. “Voglio la verità su mio figlio”, ripete Giovanni Busciglio, il padre del giovane che incita il paese a raccontare cosa ha visto e che scrive lettere ai magistrati e al presidente della repubblica. Era il 12 marzo 2019 quando Vincenzo, viene trovato a terra colpito a morte da un coltello davanti casa, e mentre spirava tra le braccia del padre, il ragazzo fa il nome di Pietro Leto, suo coetaneo, che viene arrestato poco dopo dai carabinieri con l’accusa di omicidio. Ma l’arma delitto non è mai stata trovata e la procura non ha chiesto l’aggravante dei futili motivi e non ha contestato il porto abusivo di armi. L’avvocato di famiglia Totò Pennica, si dice amareggiato per come è stata condotta l’indagine, che ha mostrato sin da subito lacune e superficialità, ed il silenzio del paese si è fatto sentire anche in aula dove si sta procedendo con il rito abbreviato. Il pm ha chiesto 14 anni per Leto, troppo pochi per la famiglia di Vincenzo, che si sente tradita ed abbandonata anche dal Comune che non si è costituito parte civile. “Solo l’arcivescovo di Montenegro ci ha espresso solidarietà”, stringe i pugni Giovanni Busciglio. Nessuno in paese ha visto nulla o sentito nulla, ma l’avvocato Pennica non si arrende, “andremo avanti fino al terzo grado senza abbassare la guardia. Speriamo nel giudizio”.
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