Carabinieri corrotti, Montella pensava solo a come rivendere la droga

Sono stati programmati per oggi gli interrogatori di garanzia dei carabinieri della caserma Levante, a Piacenza. Così emergono anche nuovi dettagli sulla vicenda. Simone Giardino, il carrozziere che trovò la prima microspia nell’auto di Montella, avrebbe detto alla fidanzata che l’appuntato, una volta saputo della cimice, era diventato “bianco pallido, non respirava più”.

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Sono stati previsti per oggi gli interrogatori di garanzia dei sei carabinieri arrestati alla caserma Levante, a Piacenza. Spuntano, allora, altri dettagli su Montella, l’appuntato al centro di tutto. Stando a quanto emerso il carabiniere era a conoscenza di tutto, anche delle indagini della Guardia di Finanza ormai sulle sue tracce. A riferirglielo sarebbe stato proprio Simone Giardino, che dice alla fidanzata a proposito di Montella: “Era bianco pallido, non respirava più”. Giardino è un carrozziere in affari con Montella. Aveva ricevuto l’Audi dell’appuntato per effettuare alcune riparazioni. In quell’occasione si era accorto di un rumore ambiguo proveniente dall’aria condizionata.

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Così avrebbe trovato la microspia posizionata dalla Guardia di Finanza. Poi, correndo in caserma, avrebbe riferito il tutto a Montella: “E’ un casino”. L’appuntato, in un primo momento, aveva pensato che la colpa di tutto fosse da attribuire a un’indagine a carico dei fratelli Giardino, pusher milanesi. Non aveva neanche vagamente pensato che fosse lui, carabiniere, ad esser il protagonista di un’indagine delle fiamme gialle. Da quel momento, nella vita di Montella si scatena il panico e la paranoia: stando a quanto riportato dalla madre l’uomo diventa suscettibile, e decide di far bonificare le auto di tutte le persone entrate, in qualche modo, in contatto con lui. Le microspie spuntano fuori una dopo l’altra.

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Ma l’atteggiamento del carabiniere, innervosito dalla situazione, riserva un colpo di scena: Montella si sarebbe preoccupato non tanto della propria posizione a livello legale, quanto piuttosto di trovare un modo per mantenere il controllo del traffico di droga. E’ quanto riportato dai pm nelle nuove carte dell’inchiesta: “Tutta la preoccupazione di Montella non era l’essere potenzialmente sottoposto ad indagini ma il blocco dell’approvvigionamento di sostanza stupefacente da Giardino e, di conseguenza, i mancati introiti“. A confermarlo sarebbero anche le intercettazioni concitate che ci restituiscono la figura di un Montella ossessionato dagli profitti, rallentati anche dall’emergenza coronavirus: “Bisogna trovare un altro sistema, con il Covid non ti puoi muovere… La pagheremo di più; la pagheremo di più. Serve un altro che viene da Milano e ce la porta fino a qua, capito?”.

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Eppure la mini impresa di Montella sembra esser andata a gonfie vele: i fornitori di Giardino sono rimasti operativi. Il vero ostacolo riguardava il trasporto della droga a Piacenza. Per aggirare il problema, l’appuntato aveva fatto una proposta a Giardino, alla quale ora dovrà rispondere davanti al gip: ingaggiare un corriere fidato per ritirare le sostanze direttamente dai calabresi. Sulla questione, quindi, proseguono le indagini, col tentativo di “mettere sotto torchio” Montella per fargli confessare ulteriori dettagli. E a proposito dell’indagine, il gip scrive ancora: “Ovviamente lo stato d’animo prevalente è il terrore di essere stati individuati come responsabili di reati gravi e di poter essere oggetto di provvedimenti limitativi della libertà personale”. Tuttavia Montella “con la solita tracotanza, si dichiara convinto di non aver fatto nulla di male”. Un’immagine che cozza con quella dell’appuntato che, quando scoprì le microspie, divenne “bianco, pallido, non respirava più”.

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