L’omicidio di Serena Mollicone giace ancora senza una soluzione. Un mistero che dura da 19 anni, con le nuove indagini che puntano sulla caserma dei carabinieri.
È stato disposto dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Cassino, Domenico Di Croce, un processo ai tre carabinieri, al figlio e alla moglie di uno dei militari. Finalmente dovrebbe chiarirsi che cosa accadde 19 anni fa a Serena Mollicone, sparita da Arce, in provincia di Frosinone e ritrovata in un boschetto, soffocata. Un caso su cui sono ancora troppe le domande in sospeso e poche o nulle le risposte. Il dubbio più pesante è che Serena sia stata uccisa nella caserma dell’Arma. La prima udienza è fissata per il prossimo 11 gennaio.
Il gup di Cassino, Domenico Di Croce, ha disposto il rinvio a giudizio del maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, della moglie Anna Maria, del figlio Marco, del maresciallo Vincenzo Quatrale e dell’appuntato Francesco Suprano. La famiglia Mottola e Quatrale sono accusati di concorso nell’omicidio. Quatrale, è anche accusato di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi. Francesco Suprano è accusato infine di favoreggiamento. Il rinvio a giudizio per i cinque indagati era stato chiesto il 30 luglio 2019 dalla procura di Cassino. In aula erano presenti Mottola, Quatrale e Suprano. Assenti il figlio del maresciallo Mottola, Marco, e la moglie.
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“Era tutto previsto – ha commentato Mottola – era tutto previsto. Non ho ancora avvisato la mia famiglia. Se temo il processo? no, siamo tranquilli”. “Siamo consapevoli delle nostre ragioni e le faremo valere. Il maresciallo Mottola è innocente, si è detto tranquillo e affronterà serenamente il processo”, quanto dichiarato dall’avvocato Francesco Germani, difensore della famiglia Mottola. “Sono 10 anni che il maresciallo e la sua famiglia sono nel tritacarne mediatico, hanno affrontato questa situazione con una forza d’animo encomiabile e sono convinti che prima o poi la verità verrà fuori – ha aggiunto l’avvocato – Quello che stanno vivendo è un macigno che non auguro nemmeno al mio peggior nemico. Non è degno di un paese civile che si debbano aspettare 10 anni per un processo”.
Il 1 giugno 2001 Serena sparì da Arce. Venne trovata senza vita due giorni dopo in un bosco a Anitrella, una frazione di Monte San Giovanni Campano. La giovane è stata trovata con le mani e i piedi legati e la testa stretta in un sacchetto di plastica. Venne arrestato due anni dopo, con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere, Carmine Belli, un carrozziere di Rocca d’Arce, poi assolto. Trascorse quasi un anno e mezzo in carcere. Le indagini subirono una virata nel 2008, il giorno in cui il brigadiere Santino Tuzi, prima di essere interrogato, si tolse la vita secondo gli inquirenti perché terrorizzato dal dover parlare e confermare quanto aveva riferito su quel che era realmente accaduto nella stazione dell’Arma di Arce sette anni prima, ovvero di aver visto entrare appunto nella caserma Serena il giorno dell’omicidio e di non averla mai vista uscire.
Il pm Maria Beatrice Siravo, basandosi su indagini, sugli accertamenti condotti, sulle consulenze medico legali, e facendosi strada tra misteri e depistaggi lunghi diciannove anni, si è convinta che la ragazza, il giorno della sua scomparsa, si sia recata effettivamente in caserma che abbia avuto una discussione con Marco Mottola, il figlio dell’allora comandante della locale stazione dell’Arma, e che lì, in un alloggio in disuso di cui avevano disponibilità i Mottola, la giovane sia stata aggredita. La diciottenne avrebbe sbattuto con violenza la testa contro una porta, e credendola morta, i Mottola l’avrebbero portata nel boschetto. A quel punto, vedendo che respirava ancora, l’avrebbero soffocata e iniziato i vari depistaggi. Una ricostruzione dei fatti che ha portato il magistrato a chiedere il rinvio a giudizio dell’ex comandante Franco Mottola, del figlio Marco e della moglie Anna Maria, con le accuse di omicidio aggravato e occultamento di cadavere, dell’appuntato scelto Francesco Suprano, accusato di favoreggiamento personale in omicidio volontario, e del luogotenente Vincenzo Quatrale, accusato di concorso in omicidio volontario e istigazione al suicidio del collega brigadiere Tuzi.
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