Colpo di freno sulla legge elettorale e Nicola Zingaretti s’infuria: “Votiamo il testo anche se andiamo sotto”, Salvini vuole solo andare alle urne.
Legge elettorale: questo matrimonio s’ha veramente da fa? Arriva un colpo di freno sulla legge elettorale e Nicola Zingaretti stavolta si infuria davvero. La cerimonia non sembra destinata ad andare in porto: troppi Don Abbondio al tavolo delle decisioni. Così ieri pomeriggio il gruppo Pd della camera fa sapere di aver chiesto di riconvocare l’ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali per cambiare la decisione presa e andare avanti. Ma avanti per dove nessuno lo sa. A dispetto della confusione che ha generato, però, la minaccia di Nicola Zingaretti è di quelle serie: stringere un accordo con Salvini su un nuovo sistema di voto alle politiche, che penalizzerebbe i piccoli partiti dando vantaggio ai primi quattro in classifica. Ovvero: Lega, Pd, M5S e Fratelli d’Italia. Sulla legge elettorale Matteo Salvini frena Nicola Zingaretti: «Io sono pronto solo se si vota la settimana dopo, ma non è questa la priorità del Paese». Intanto, radio Montecitorio registra un’altra giornata di stallo sulla riforma del sistema voto. Tutti a casa, almeno formalmente.Sulla riforma – necessaria per raddrizzare le inemendabili storture della rappresentanza che provocherà il taglio dei parlamenti – la questione si ingarbuglia. Iv si è sfilata: ora vuole il maggioritario; e Leu ha annunciato l’astensione causa uno sbarramento giudicato troppo alto.
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A casa Zingaretti la tensione è alta: il ritardo è già troppo, e il problema è politico e di sostanziale importanza. «Nell’accordo alla base di questo governo, stabilito nell’agosto del 2019, c’è la scelta della riduzione del numero dei parlamentari insieme ad alcune modifiche dei regolamenti e ad una nuova legge elettorale per scongiurare rischi di pesanti distorsioni della rappresentanza», spiega il Nazzareno, ma la voce si perde nei corridoi senza trovare approdo. A pochi giorni dall’avvio del governo il Pd «ha onorato l’impegno di votare la riduzione» pur avendo per tre volte votato no. Ma ora bisogna procedere verso la legge elettorale: «Almeno in un ramo del parlamento deve essere votato prima del referendum del 20 settembre il testo base, se non vogliamo perdere credibilità rispetto ad impegni solennemente e collegialmente assunti». I Bravi sono arrivati: siamo in pieno caos. Si rimanda tutto al prossimo Ufficio di presidenza della I commissione che sarà convocato solo dopo la conferenza dei capigruppo e la conseguente calendarizzazione della legge elettorale. Con un dettaglio: una volta riconvocato, Pd e M5S rischiano di non avere la maggioranza. Ora il nodo viene al pettine e questo strappo potrebbe condizionare la vita del governo, vista la scarsa propensione di Renzi a digerire gli aut aut e a subire minacce senza reagire quando viene messo all’angolo. Udite, udite, sta arrivando la peste e nessuno si salverà.
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