Torture sui detenuti: celle degli orrori dedicate alla punizione

Venivano obbligati a spogliarsi e autoinsultarsi mentre gli agenti li malmenavano con schiaffi e pugni, attrezzati di guanti per non lasciare i segni.

Torture sui detenuti: celle degli orrori dedicate alla punizione – meteoweek

Un carcere degli orrori a due passi da casa: scoperte a Torino storie di torture indicibili dietro le sbarre. C’erano celle dedicate alla punizione dei detenuti con scompensi psichici. I reclusi erano obbligati a spogliarsi e a gridare frasi come “Sono un pezzo di m…” mentre gli agenti li malmenavano con schiaffi e pugni, attrezzati di guanti per non lasciare i segni. “Figlio di p…, ti devi impiccare” urlava la guardia carceraria Antonio Ventroni al detenuto Daniele Caruso dopo averlo portato in infermeria. Insulti, vessazioni, lacrime.

“In due gli sputavano addosso e lo colpivano con violenti pugni al volto, provocandogli un ematoma a un occhio, emorragia dal naso e una lesione a un dente incisivo superiore che, dopo qualche tempo, a causa di quel colpo cadeva”. Decine di episodi a partire dalla primavera del 2017, denunciati prima dai detenuti e poi dalla garante di Torino, Monica Gallo, ma sempre ignorati a tutti i livelli fino all’emergere di quell’inferno che per anni era rimasto nascosto.

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L’inchiesta si è chiusa con 25 indagati che vanno dal direttore della casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino, Domenico Minervini, al capo delle guardie carcerarie, Giovanni Battista Alberotanza, ai rappresentanti del sindacato più attivo della polizia penitenziaria, l’Osapp. Sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti sono finite le celle numero 209, 210, 229, 230 della X Sezione quelle prescelte per isolare i detenuti che davano segno di scompenso psichico, nonostante nel carcere di Torino esista una sezione apposita per quel tipo di problematiche. L’ispettore Maurizio Gebbia e altri agenti penitenziari portavano lì i reclusi per “punirli” nel silenzio generale che consentiva loro di eludere le indagini.

L’orrore non si fermava lì: quando i detenuti erano troppo malconci e dovevano farsi visitare li minacciavano dicendo loro che “dovevano dichiarare che era stato un altro detenuto a picchiarlo, altrimenti avrebbero usato nuovamente violenza su di lui, così costringendolo il giorno successivo alle violenze a rendere in infermeria questa falsa versione dei fatti”. Tutto è riepilogato nel fascicolo delle indagini, una vera e propria descrizione della malvagità umana.

Alessia Cornali

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