Recovery Fund: è Mark Rutte, l’ex amico della Merkel, il “grande cattivo”

Il premier olandese è ormai il “cattivo”: al punto da mettere in discussione la sua storica alleanza con Angela Merkel.

Mark Rutte e Giuseppe Conte

Ormai non c’è dubbio: il nemico della solidarietà europea è lui. Mark Rutte, primo ministro olandese, è di fatto il capo dello schieramento dei “paesi frugali”, quelli che non sono troppo d’accordo ad elargire i danari dei loro contribuenti a paesi che, magari, li spenderanno senza grande attenzione. Che, a pensarci bene, non è un ragionamento sbagliato. Ma durante la catastrofe del coronavirus, l’atteggiamento oltranzista che il premier olandese sta adottando forse è fuori luogo: «Mark Rutte si comporta come un poliziotto» ha detto ieri il premier bulgaro Bojko Borisov. Viktor Orbán, il primo ministro ungherese, lo ha accusato di avere addirittura «uno stile comunista». Antonio Costa, primo ministro del Portogallo, ha aggiunto: «L’opposizione dei quattro frugali non è più accettabile». Un atteggiamento di intransigenza che sta tenendo bloccata tutta Europa. Olanda, Austria, Danimarca e Svezia: lo schieramento, guidato senza dubbio da Rutte, che sostiene una tesi chiara. La solidarietà non è mai gratis e chi la fornisce deve poter controllare come i soldi vengano usati. Una analisi etica, quasi filosofica, di un problema che però di filosofico ha poco: l’emergenza covid sta mettendo in ginocchio le economie di mezza Europa, e senza interventi dirompenti il futuro è pessimo.  Secondo l’Economist assomiglia a un «prete che prende troppa caffeina», in altre parole non avrebbe veramente il profilo del «cattivo»: ma fa di tutto per sembrarlo. E dei risultati li sta ottenendo, lui e gli altri frugali, che ormai tendono a mandarlo avanti come alfiere dell’austerità.

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Mark Rutte e Angela Merkel

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Al potere da dieci anni, Rutte è dopo Angela Merkel il capo di governo più longevo dell’Eurozona. I due sono per anni andati avanti in grande accordo: parliamo dello sguardo sui conti, e sulla tenuta dell’Unione Europea. Poi qualcosa è successo: innanzitutto la Brexit, che ha lasciato l’Olanda – di fatto – più sola all’interno del fronte degli euroscettici. Dopo l’uscita del Regno Unito non si è potuta più nascondere,  e si è assunta l’onere di guidare i paesi che hanno delle riserve all’integrazione europea così come si sta delineando. Poi, naturalmente, è arrivata la pandemia. Alla quale Rutte e Merkel hanno reagito in modo totalmente opposto. La Merkel sembra aver scelto la strada della solidarietà e del sostegno politico ed economico tra le nazioni. Rutte sembra aver guardato maggiormente dentro casa sua: guida una coalizione fragile, senza una maggioranza, sente sul collo il fiato di un Parlamento che lo attende al varco e in più a marzo 2021 in Olanda si vota. Pressato dal suo Salvini, Geert Wilders, ogni cedimento, anche il più piccolo, potrebbe costargli la premiership. Una situazione che, onestamente, rende più comprensibile il suo atteggiamento. Che però potrebbe cambiare, indirizzandosi ad una maggiore flessibilità: da questo dipende il destino dell’Europa.

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