Lo choc da coronavirus ha colpito un Mezzogiorno già in recessione, prima ancora di aver recuperato i livelli pre-crisi 2008 di prodotto e occupazione.
Secondo l’ultimo studio della Svimez, la società per lo sviluppo del Mezzogiorno, l’impatto maggiore della crisi causata dal coronavirus lo subirà il Mezzogiorno dove l’anno prossimo la crescita sarà dimezzata: il Covid distruggerà 600 mila posti di lavoro al Centro Nord e 380 mila al Sud. Nel 2020 è prevista una caduta del Pil dell’8,2% nel Mezzogiorno e del 9,2% nel Centro-Nord che ha risentito in misura maggiore del blocco produttivo imposto dal governo per contenere la diffusione del virus. Anche la caduta del reddito pro capite appare essere la più ampia dalla metà degli anni ’90: -4,1% nel Centro-Nord e -3,3% nel Sud. Circa il calo dell’occupazione, la Svimez sottolinea come per il Mezzogiorno si tratti di un impatto che per intensità è paragonabile a quello subito nel quinquennio 2009-2013 e che si spiega con la grande pervasività settoriale della crisi occupazionale seguita allo shock da Covid-19 che ha colpito molte attività nel settore terziario ben presenti nelle specializzazioni produttive del Sud. Oggi, per di più, la crisi incrocia un mercato del lavoro ancora più frammentato di quello interessato dalla grande recessione.
Le previsioni della Svimez tengono conto degli interventi del governo che hanno contribuito a contenere la caduta del Pil: i decreti “Cura Italia”, “Liquidità” e “Rilancio”, senza i quali l’impatto della crisi sarebbe stato ancora più devastante, diversamente da quanto accadde invece durante la crisi del 2008. Il contributo delle manovre alla crescita del Pil nel 2020 è stato di oltre 2 punti percentuali. Il sostegno dell’economia è stato maggiore nel Sud, dove sono stati destinati circa il 30% degli interventi, con un contributo alla crescita del Pil del 2,8% punti percentuali, mentre al Nord la crescita del Pil grazie al contributo pubblico è stata del 2,1%. Le previsioni Svimez per il 2021 vedono il Mezzogiorno frenato non solo dallo scenario attuale post covid, bensì da una crisi strutturale che deriva dalla precedente, quella del 2008-2014, che ha impedito alla base produttiva meridionale di recuperare punti ancor prima dell’insorgere della pandemia, specie nel comparto industriale, a differenza di quanto avvenuto nel Centro-Nord.