Alitalia e i conti in rosso. La compagnia ha perdite in ogni segmento di mercato, questa l’analisi dei documenti finanziari dell’aviolinea relativi al 2018.
Il vettore tricolore finisce in rosso in ogni segmento di mercato. Sui voli europei e nazionali, perfino su quelli intercontinentali, il punto forte in cui tutte le compagnie hanno profitti, per via dell’assenza delle low cost. Non va meglio negli aeroporti pregiati come Milano Linate, dove detiene due terzi degli slot. E nemmeno a Malpensa, dove gli unici collegamenti a lungo raggio – New York e Tokyo – dovrebbero far fare guadagni cospicui. Invece accade tutto il contrario.
L’ombra del Covid
In questi mesi guadagnare dai collegamenti intercontinentali è una questione complessa se non impossibile. Il Coronavirus ha stravolto il settore a livello globale, interrompendo i voli con diversi Paesi, compresi quelli con importanti guadagni come gli Stati Uniti, il Brasile e l’Argentina.
L’aeroporto di Fiumicino
Nel 2018 dall’analisi di tutte le rotte i ricavi ammontano a 2,9 miliardi di euro: il 45% realizzato sui collegamenti intercontinentali, il 30% su quelli nazionali e il resto su quelli internazionali. La maggior parte dei ricavi si registra sui voli che hanno l’hub di Roma Fiumicino (77%). Lo scalo di Milano Linate risulta essere invece molto più distanziato a livello di ricavi, ancor peggio per l’aeroporto di Malpensa e gli altri impianti dove la compagnia opera voli senza passare da Fiumicino o il city airport milanese.
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Il bilancio in rosso
I segmenti di mercato, rimuovendo i costi operativi ai ricavi, concludono l’anno con un rosso superiore ai 340 milioni complessivi. Le perdite sono di 90 milioni di euro per i voli nazionali e di 150 milioni per quelli internazionali e 100 milioni per i voli a lungo raggio. Non è solo Alitalia a doversi leccare le ferite, in negativo anche Lufthansa sui voli intra-europei ha perso circa 1,5 miliardi di euro, British Airways oltre un miliardo, Air France oltre due miliardi.
Gli altri vettori
Alitalia non riesce a recuperare le perdite, come avviene invece per gli altri vettori, con i guadagni sui voli intercontinentali. Ciò dovrebbe avvenire, grazie ad una forte componente, in questo tipo di voli, “premium” cioè quella riguardante la Prima classe e Business. Lufthansa riesce a portarsi a casa 3,2 miliardi di euro di profitti, più o meno quanti quelli di British Airways, Air France circa due miliardi, Klm oltre un miliardo. Anche Finnair — che punta sul mercato asiatico — nel 2018 ha segnato sul lungo raggio circa mezzo miliardo di entrate nette.
A Linate e Malpensa
Su Fiumicino si concentra la maggior parte dei ricavi, ma anche la fetta più grande delle perdite: circa -270 milioni. Alitalia perde soldi pure a Linate, scalo dove detiene i due terzi degli slot, i diritti di decollo e atterraggio: nel 2018 nonostante la posizione dominante ha segnato un risultato negativo di poco più di 50 milioni di euro. In rosso anche Malpensa con qualcosa come -20 milioni.
I dati per viaggiatore
Dividendo il traffico complessivo per tipologia di volo se il ricavo medio per passeggero sui collegamenti nazionali è stato di circa 75 euro, per quello stesso passeggero Alitalia ha perso quasi 7,5 euro. Sui voli internazionali con ricavo di 107 euro, il rosso pro capite è stato di 22 euro. Sulle tratte intercontinentali il valore medio del biglietto — al netto delle tasse aeroportuali e governative — è stato di oltre 480 euro, ma con costi di trasporto medi superiori ai 520 euro, facendo crollare anche questo segmento del business.
Il difficile equilibrio
Alcuni amministratori delegati e Chief revenue officer hanno sempre evidenziato che i voli intercontinentali sono connessi a buona parte di quelli di corto e medio raggio: questi ultimi «alimentano» gli aerei più grandi della flotta. Va detto però che i profitti delle tratte più lunghe devono «convivere» con le perdite, in alcuni casi inevitabili, di quelle più brevi. Per questa ragione, in diverse aziende ci si concentra sulla riduzione delle perdite dei voli nazionali e internazionali. Come? La visione dei bilanci di alcune aviolinee più performanti evidenzia nel tempo una riduzione della tariffa media e in parallelo un aumento del tasso di riempimento degli aeromobili.
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Come fare
«È evidente che Alitalia perde su tutte le rotte, a prescindere dalla destinazione», il commento di Federico Maria Alberto Caligaris, senior advisor finanza di trasporto di Cohen & Co. «Tuttavia, in percentuale, il lungo raggio è il più vicino a pareggio, e dunque il più facilmente recuperabile». Uno dei nodi è «alzare il ricavo medio per passeggero, ottenibile migliorando il prodotto generale, ovvero il network: bisogna aumentare il ventaglio di destinazioni per attirare clientela business». Anche il settore nazionale non è lontano dal pareggio, secondo Caligaris — «esclusa la tratta Linate-Fiumicino» — perché queste rotte «storicamente sono state quelle più vicine a pareggio».
I voli intercontinentali
Cambia il discorso per quelle di medio raggio «in fondo alla lista per risultati perché qua soffrono la maggiore concorrenza delle low cost». La rete di collegamento «punto a punto nel medio raggio non funziona — ha spiegato l’esperto —, deve essere componente limitata e le rotte devono servire da feederaggio dei voli intercontinentali» «I risultati, in percentuale, si dimostrano consistenti su tutto il network e su tutti gli aeroporti di Alitalia», ha aggiunto Caligaris. «Il lungo raggio è quello che permette maggiormente il recupero ed è l’unica strada per garantire la sopravvivenza della compagnia».