Nel corso di un incontro bilaterale informale, Giuseppe Conte ed il presidente francese Emmanuel Macron parlano di Recovery Fund e concordano su un aspetto: è necessario approvarlo subito.
L’appuntamento è al decimo piano dell’albergo “The Hotel”. Siamo a Bruxelles, ed il momento è teso, drammatico. Il premier italiano è preoccupato ed irritato dai diktat dei “paesi frugali”, gli stati nordeuropei che vogliono rigore, e che non guardano di buon occhio alle grandi iniezioni di denaro che l’Unione Europea starebbe per decidere. «Non può più essere l’Europa dei veti, se la posta in gioco è l’esistenza dell’Unione» ragiona Conte. E’ questo l’argomento del suo incontro con il presidente francese Emmanuel Macron: un faccia a faccia bilaterale, informale, diretto. Conte ammette che l’Italia arriva al Consiglio Europeo sperando in un “incontro proficuo”, ma non nasconde di avere fretta di approvare il Recovery Fund per salvare il suo governo. Ha bisogno di un accordo rapido, da chiudere in pochi giorni: «Non possiamo consentire ai “frugali” di smontare pezzo a pezzo il progetto. Dobbiamo chiudere adesso, senza rinvii a settembre. Né l’Italia, né l’Europa reggerebbero. Può saltare tutto».
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Il problema che solleva Conte è condiviso anche da Macron: il nuovo governo di Jean Castex appena insediato a Parigi sta lavorando ad un maxi piano di rilancio dell’economia da 100 miliardi. E più di un terzo dovrebbe essere finanziato con i 40 miliardi che il Recovery assegna alla Francia. L’obiettivo politico, per Macron come per Conte, è “fare in fretta”, “difendere” i 750 miliardi di euro del piano, ed in particolare i 500 a fondo perduto promossi il 18 maggio proprio dalla Francia assieme alla Germania. Con Conte una differenza c’è, in realtà: Macron appoggia la bozza di compromesso di Charles Michel, in particolare nella parte in cui prevede l’approvazione dei piani nazionali da parte del Consiglio Ue a maggioranza qualificata. Che è quello che invece il premier italiano vorrebbe evitare, proponendo un criterio sostanzialmente inverso: per bocciare un progetto deve servire il 65% della popolazione e il 55% dei Paesi membri. Distanti almeno in parte sul meccanismo della governance, ma perfettamente allineati sul fronte della tempistica: Conte e Macron vogliono che il Recovery Fund arrivi in fretta. Sono giorni che il nostro presidente del Consiglio pressa diverse Cancellerie continentali sottolineando la possibilità di un agosto di turbolenze sui mercati in assenza di un patto entro pochi giorni sul Recovery. E’ necessario chiudere già durante questo Consiglio, per non lasciare l’Italia esposta agli speculatori durante l’estate. L’Italia, e non solo: le conseguenze sarebbero nefaste per le Borse di mezza Europa. Macron sarebbe d’accordo: e – in qualche modo – anche Angela Merkel, che sembra intenzionata a forzare la mano già stasera, sottoponendo ai partner due o tre bozze di intesa che prevedono una leggera limatura della dotazione finanziaria rispetto ai 750 miliardi originari e qualche modifica della governance. Se l’olandese Rutte dovesse opporsi sarebbe pronta a sciogliere il Consiglio nella notte e riconvocare tutti tra qualche giorno. A preoccupare Conte non è solo il rischio di aggressioni finanziarie all’Italia. C’è la tempesta perfetta che vede profilarsi all’orizzonte per il suo governo, e che si nutre di un eventuale fallimento della trattativa al Consiglio. Dopo l’incontro tra Luigi Di Maio e Mario Draghi l’ipotesi di un “governissimo” sono sempre più reali, sostenute dai malumori dell’ala del Pd meno vicina a Zingaretti e dalle ambizioni di Renzi. Tutto potrebbe sfogarsi sul Mes: senza un Recovery convincente – o nel caso di slittamento del programma di aiuti continentali – il premier dovrebbe accelerare l’attivazione del Salva Stati. Ma ieri, in questo senso, da Palazzo Madama non è arrivato un bel segnale: la fiducia sul dl Rilancio è passata con 159 voti, uno in meno di quelli necessari per approvare il Mes.