Atlantia, la holding dei Benetton che controlla Autostrade per l’Italia (Aspi) non riesce a rialzare la testa. Il premier Conte vuole i Benetton definitivamente fuori dall’azionario di Aspi ma le carte sono ancora in gioco.
Per Atlantia la paura dei contraccolpi finanziari dopo l’intervista di Giuseppe Conte al Fatto è molta. Solo ieri il titolo ha perso il 15% in Borsa dopo che Giuseppe Conte ha bocciato l’offerta di Autostrade per chiudere il contenzioso aperto dopo il crollo del ponte Morandi di Genova. Il premier stronca diversi punti e vuole anche i Benetton, cioè Atlantia, fuori dall’azionariato di Aspi, non basta che cedano la quota di controllo. Oggi si riunirà in mattinata il cda di Atlantia per decidere sul futuro dell’impresa e sulla direzione da seguire. Nel pomeriggio si rincorrono voci che parlano di un possibile commissariamento di Aspi sul modello dell’Ilva, ancora però tutto da chiarire. I vertici di Aspi e Atlantia hanno snocciolato il repertorio dell’apocalisse finanziaria: il fallimento di Autostrade, confermano, si ripercuoterebbe sui 9 miliardi di debiti della società e altrettanti di Atlantia; poi ci sono i 40 mila azionisti della società; la presenza dei creditori della Cassa depositi e prestiti e della Banca europea degli investimenti; gli obbligazionisti e molto altro. Così la società spera in un consistente aiuto proprio dagli azonisti di Aspi.
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Ieri, per esempio, il fondo governativo cinese Silk Road, che ha il 5% di Autostrade, ha chiesto spiegazioni all’ambasciatore italiano a Pechino Luca Ferrari. Allo stesso tempo Atlantia non riesce a spiegarsi come potrebbe fare davvero ad uscire dalla società e spera nel bluff, anche perché al momento non è chiaro come dovrebbero uscire dall’azionariato di Aspi lasciando spazio a Cdp. Come dettato dal governo, questa uscita lascerebbe Atlantia come socia di minoranza e l’acquisto diretto delle quote da parte della Cassa sarebbe politicamente indigeribile. Resta l’ipotesi che i Benetton escano direttamente da Atlantia, ma richiede tempo e l’unità della famiglia (che il 21 riunisce tutti i rami nell’assemblea di Edizione, la cassaforte finanziaria). Per questo non sarà l’opzione più tenuta in considerazione. “Abbiamo sempre rispettato le istituzioni: quando in passato siamo stati sollecitati a entrare in diverse società così come oggi”, fanno filtrare in serata un segnale di resa i soci della società.
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