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Cronaca

Mattarella, gesto storico a Trieste con il presidente sloveno Pahor

Mattarella mano nella mano con il presidente sloveno Pahor davanti alla foiba di Basovizza

Si tengono per mano davanti alla foiba di Basovizza, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e il presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor. Lo fanno dopo aver deposto una corona di fiori nel luogo dove i partigiani jugoslavi scaraventarono nel 1945 duemila nostri connazionali. Rimangono per un minuto in silenzio così, sotto il sole di luglio. È un gesto potente, spontaneo e fuori dal protocollo, che prova a sanare una ferita lunga oltre settant’anni. “Oggi abbiamo allineato tutte le stelle”, dirà Pahor. È un gesto che contiene tanti gesti, in un momento storico delicato come questo, è la prima stretta di mano pubblica dopo il lockdown e Pahor è il primo statista della dissolta ex Jugoslavia a compiere una visita ufficiale al memoriale. Lì, in quella spianata, commemora le vittime, che erano militari e civili. Tutta questa giornata è una fotografia che rimarrà nell’album di una terra di confine bellissima, ferita da violenze lontane e da divisioni mai sopite.

La foiba è sull’altopiano carsico nei pressi di un pozzo minerario in disuso profondo circa 200 metri. Dal 1980 è classificata come monumento di interesse nazionale. Nel 1991 venne visitata dal presidente Cossiga. Dal febbraio 2007 vi sorge il nuovo sacrario in onore dei Martiri delle Foibe. E qui è avvenuta la riconciliazione, come ha detto Mattarella “la storia non si cancella, possiamo coltivarla con rancore, oppure farne patrimonio comune nel ricordo“. Il Presidente ha detto di essere a favore della seconda strada.

Il gesto si è poi ripetuto presso il monumento ai Caduti sloveni, a poca distanza della foiba, che ricorda quattro giovani antifascisti slavi condannati dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos, Alojz Valencic fucilati il 6 settembre 1930 dal regime, condannati a morte per un attentato al giornale locale del fascismo che fece anche una vittima. Avevano fra 22 e 34 anni, sono per gli sloveni, i primi eroi della resistenza al fascismo. Anche qui Mattarella e Pahor si sono tenuti per mano, dopo aver deposto una corona di fiori. Questa seconda volta è stato il presidente Pahor a chiedere la mano del nostro presidente, alla foiba era stato invece Mattarella a fare il primo passo. E mentre si avvicinavano insieme al monumento Pahor si è toccato più volte il cuore.

I due si sono poi recati in prefettura dove ad attenderli c’era lo scrittore Boris Pahor, 107 anni ad agosto. L’autore di Necropoli ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e l’onorificenza slovena dell’Ordine per Meriti Eccezionali. Aveva sette anni all’epoca dell’incendio, di cui fu testimone, con la sorella. Ancora una volta, Pahor, è testimone di un evento storico “Dedico le onorificenze a tutti i morti che ho conosciuto nel campo di concentramento e alle vittime del nazifascismo e della dittatura comunista”, ha commentato.

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È stato poi firmato in Prefettura, un Protocollo di intesa che riconsegna il Narodni Dom (Casa del Popolo) incendiato il 13 luglio 1920 da alcune avanguardie squadriste, alla minoranza slovena in Italia. La proprietà viene ceduta a una fondazione costituita dalle due associazioni che rappresentano la minoranza slovena, l’Unione Culturale Economica Slovena (Skgz), e la Confederazione delle Organizzazioni Slovene (Sso). È un risarcimento che arriva dopo cent’anni. “Le esperienze dolorose sofferte dalle popolazioni di queste terre non si dimenticano” ha commentato Mattarella. “Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite da una parte e dall’altra l’unico oggetto dei nostri pensieri coltivando i sentimenti di rancore, oppure al contrario farne patrimonio comune nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro. Al di qua e al di là della frontiera, il cui significato di separazione è ormai per fortuna superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea, al di qua e al di là del confine sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro. In nome dei valori oggi comuni: libertà democrazia pace”. “Oggi come disse qualcuno viviamo quei sogni proibiti che si avverano”, ha aggiunto il presidente Pahor. Hanno poi visitato Il Narodni Dom, circondati dagli applausi delle persone presenti.  Alcuni appartenenti alla minoranza slovena in Italia, hanno intonato l'”Inno della Resistenza degli sloveni del litorale”, una canzone che ricorda come “dopo le torture – hanno spiegato – noi sloveni siamo riusciti a vincere il fascismo”.  E prima di tornare a Roma il Capo dello Stato ha incontrato i rappresentanti delle associazioni degli esuli.

“Di fronte a sfide come la pandemia in corso i nostri Paesi sono oggi chiamati a collaborare ancor più strettamente: confidiamo che l’ormai imminente Consiglio Europeo, attraverso strumenti consolidati e soluzioni innovative di grande respiro, sappia nuovamente dimostrare che l’Europa sa interpretare la vita dei propri cittadini e li affianca nelle difficoltà. Slovenia e Italia sapranno lavorare insieme per raggiungere anche questo importante risultato” aveva sottolineato Mattarella in un intervento apparso oggi sul “Piccolo”.

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“Bene, bene perché qualcuno a sinistra ha negato per anni, per decenni le stragi delle foibe, dove sono stati massacrati migliaia di cittadini italiani per la sola colpa di non essere comunisti e italiani”, ha commentato il leader della Lega, Matteo Salvini. “Dopo tanti anni riprendersi per mano tra Italia, Slovenia, tra popoli è fondamentale ed è fondamentale anche ridare dignità a quei morti perché per qualcuno c’erano morti di serie A e serie B”. Un gesto che simboleggia la pace, è stato il commento del segretario Pd Nicola Zingaretti quei due presidenti mano nella mano. La fotografia di un atto che riconcilia con la politica.

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