Il Comitato ‘Noi denunceremo – verità e giustizia per le vittime di Covid 19’- ha inviato una lettera a Ursula Von der Leyen e al presidente della Corte Europea dei diritti dell’uomo. A lamentarsi per l’ingiustizia sono i parenti delle vittime di Bergamo e Brescia che contestano la cattiva gestione della pandemia.
Lo scorso marzo il mondo si è unito al dolore delle nostre comunità di Bergamo e Brescia che, da sole, contano undicimila vittime di coronavirus. I parenti delle vittime però non si sono limitati a piangere i loro cari:” ln Lombardia, sembrano esserci segni di indicibili crimini contro l’umanità“. Inizia così la lettera che il comitato ‘Noi Denunceremo – verità e giustizia per le vittime di Covid-19’ ha inviato alla presidentessa della Commissione Europea Ursula Von der Leyen e al presidente della Corte Europea dei diritti dell’uomo Ròbert Ragnar Spanò. L’inchiesta aperta dalla procura di Bergamo vuole trasparenza su quanto avvenuto in questi mesi nelle terre più colpite dalla pandemia. In particolare si tratterebbe di due crimini che hanno determinato la morte di moltissime persone: la mancata chiusura del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo e la mancata istituzione di una ‘zona rossà – come quella subito operativa nel Lodigiano – tra Alzano e Nembro.
“Il virus ha decimato i nostri anziani nelle case di cura, gli stessi anziani che hanno costruito la prosperità del nostro paese dopo la seconda guerra mondiale”, affermano i membri del comitato. L’8 marzo è stata firmata una direttiva che suggeriva agli ospedali di trasferire i pazienti con coronavirus a basso rischio in case di cura per liberare alcuni letti e far fronte alla incessante domanda durante tutta l’emergenza. “A Bergamo, il 32,7% degli ospiti nelle case di cura ha perso la vita durante i primi quattro mesi dell’anno, mentre 1.600 è il numero riportato nell’intera provincia di Brescia, soltanto per i pazienti ospiti nelle case di cura. Sono dati allarmanti ma la colpa viene da più mesi rimbalzata. Il governo della Regione Lombardia afferma di non poter essere ritenuto responsabile di questo massacro mentre lo Stato controbatte rispedendo la colpa alla regione. E’ una storia senza fine.
Le indagini della procura di Bergamo, coordinate dalla procuratrice aggiunta Maria Cristina Rota, hanno portato ad ascoltare nelle scorse settimane il premier Conte, i ministri Lamorgese e Speranza, il governatore Fontana e l’assessore regionale Gallera proprio per ricostruire chi prese quelle decisioni e per quale motivo. Tre città italiane economicamente molto produttive che hanno perso tantissime persone, proprio per la cattiva gestione di contenimento del virus. “Uno scenario ancora peggiore emergerebbe se il pool di consulenti scientifici nominati dal Tribunale di Bergamo potesse dimostrare mediante analisi epidemiologiche che l’intero Paese dovette essere bloccato a causa dei ritardi delle autorità politiche nel prendere una decisione sul destino di queste tre città”. Adesso l’economia italiana è stagnante e non sembra risalire mentre il lockdown e la pandemia non potranno essere dimenticati. Intanto però c’è chi chiede giustizia. C’è chi vuole sapere perché chi era a conoscenza della diffusione del virus non ha fatto niente o ha preferito far morire decine di anziani nelle case di cura. A questo punto, lo scontro rimane aperto: il rimpallo di responsabilità tra governo centrale e locale non sembra arrestarsi. La regione Lombardia avrebbe potuto decidere da sola o stava al governo deliberare? Ci aspettiamo per i prossimi mesi una sentenza definitiva.
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