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Cronaca

Conte su Autostrade: “Lo Stato non sarà socio di Benetton”

Linea dura da parte di Conte, non ha cambiato idea l’inquilino di Palazzo Chigi, in merito alla questione Autostrade.

Linea dura da parte di Conte, non ha cambiato idea l’inquilino di Palazzo Chigi, in merito alla questione Autostrade che all’indomani della proposta di revisione della concessione presentata da Autostrade, ha ribadito la linea dura: “Lo Stato italiano non può essere socio dei Benetton”.

Quindi, “anche se non del tutto in linea con le richieste del governo”, vanno bene la riduzione delle tariffe e il piano da 14,5 miliardi di investimenti e 7 di manutenzioni, più i 3,4 per chiudere il contenzioso, però Atlantia deve uscire da Aspi. Ma al premier non basta – come anticipato ieri da Repubblica – che scenda in minoranza. Deve anche cedere l’intero pacchetto azionario, l’88% della società, altrimenti si procederà con la revoca. Il motivo è semplice. A rilevare le quote sarebbe una cordata pubblica guidata da Cdp in tandem con F2i. Se i Benetton dovessero restare, anche se con una partecipazione assai ridotta, lo Stato si ritroverebbe a gestire le autostrade insieme a loro. Seduti fianco a fianco nello stesso cda. Proprio ciò che i 5S non vogliono. Decisi, fin dal crollo del Morandi, a revocargli la concessione. “Un atto di giustizia”, l’unico in grado di riparare le 43 morti di Genova.

I 5S: la nazionalizzazione di Autostrade

Al premier si sono rivolti in modo chiaro. Spingendosi a minacciare la crisi di governo se la revoca non dovesse venire formalizzata. “La proposta di Aspi non è sufficiente”. L’obbiettivo? La nazionalizzazione di Autostrade. Che ha finito per spaccare la maggioranza. Italia Viva, contraria da subito, ha parlato di “dibattito surreale”. Il Pd sembrerebbe invece essersi allineato. “La revoca ha un fondamento forte con possibilità di vincere i ricorsi”, ha spiegato il sottosegretario Roberto Morassut, riportando la posizione del Nazareno: “Il rapporto Anac dimostra che le prestazioni offerte dal concessionario sono state gravemente inadempienti”.

La strategia di Conte

Il Colle ha fatto sapere di seguire la vicenda con attenzione e spera che si trovi una soluzione senza contraccolpi per il governo. Ritenendo in ogni caso che non sia a rischio la tenuta dell’esecutivo. Conte è pronto a discuterne già stamattina, a margine del Cdm convocato sulle leggi regionali. In attesa del redde rationem fissato per domani. Con la grillina Lezzi a invocare una sorta di streaming: “Noi e Leu siamo per la nazionalizzazione. Il Pd chiede discontinuità con i giallo-verdi. Quale migliore occasione per segnare la differenza? Sarà doveroso rendere noto il voto di ciascun ministro”. Il premier vorrebbe, in realtà, riuscire a scongiurare la revoca, per la quale servirebbe una legge da sottoporre al voto del Parlamento. Dove i numeri sono a rischio. Per questo il premier ha scelto di abbracciare la linea del Movimento – “Fuori i Benetton” – con la convinzione che i dem non romperanno. Così da portare il grosso dei 5S dalla sua parte e annientare le mosse di Luigi Di Maio. Promotore negli ultimi mesi di una serie di incontri che riguardano ben poco il suo ruolo nel governo, e guardano al di là di questo esecutivo. A fine gennaio ha visto alla Farnesina il leghista Giancarlo Giorgetti, il 24 giugno l’ex presidente della Bce Mario Draghi, poi il leader di Iv Matteo Renzi, quindi Gianni Letta. “Vuole mostrare che è ancora lui a dare le carte – ha dichiarato un ministro M5S cui il gioco non piace – ma sta sbagliando tutto: se pensa di fare cadere il premier con un gioco di palazzo, per quanto mascherato, i nostri lo vanno a prendere sotto casa”.

Il clima è tutt’altro che pacifico. Con una novità però: l’asse di Conte non solo con Grillo e Roberto Fico, com’è da sempre, ma anche con Davide Casaleggio e l’ala vicina a Di Battista, che ora si fida molto più di lui che dell’ex “fratello” Luigi. Così, la mossa di mettersi dalla parte dei 5S su Autostrade, gli garantisce per la prima volta dopo tanto tempo il plauso compatto dei grillini. Non è poco, in un momento così delicato. Protegge il premier da eventuali ambizioni di Di Maio e gli dà respiro in attesa di una partita ancora più complicata: quella del Mes rinviata a settembre.

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