Ha preso il via l’operazione “Dangerous Images” che ha portato a perquisizioni in circa 14 province. Nel mirino una chat con video legati alla pedofilia e di decapitazioni. L’indagine ha preso avvio al seguito della segnalazione della madre di un 15enne.
Al centro dell’attenzione c’è quella che è stata definita una vera e propria “chat dell’orrore“: suicidi, mutilazioni, stupri di bambini, teste mozzate e molto altro. Poi, un elemento ad aggravare la situazione: si trattava di una chat segreta del dark web condivisa da una ventina di ragazzi giovanissimi, tra i 13 e i 17 anni. A bloccare la condivisione di quelle immagini l’intervento di una madre che, sorprendendo il figlio online sulla chat, si è poi fatta raccontare di cosa si trattasse. E, ovviamente, ha denunciato il tutto alla polizia. Da quel momento è partita l’indagine della procura dei minori della Toscana, un’inchiesta che potenzialmente potrebbe nascondere importanti sviluppi. Al centro delle immagini, infatti, c’erano anche video di violenze sessuali a danni di minori. La prima impressione è che lo smercio di immagini illecite di atti criminali fosse gestito da un “capo chat”. E sarebbe questa una delle piste setacciate dalla polizia postale, che addirittura potrebbe incrociare altre vicende analoghe sulle quali si stava indagando separatamente.
L’intera indagine, soprannominata “Dangerous Images”, è gestita dalla polizia postale della Toscana e coordinata da Antonio Sangermano. Le accuse pendenti sarebbero molteplici: detenzione, divulgazione e cessione di materiale pedopornografico, detenzione di materiale e istigazione a delinquere aggravata. Stando a quanto riportato dal Corriere, gli investigatori avrebbero spiegato in una nota: “E’ emerso un numero esorbitante di filmati e immagini pedopornografiche, anche sotto forma di stickers, scambiate e cedute dal giovane, rivelatosi l’organizzatore e il promotore dell’attività criminosa insieme ad altri minori, attraverso Whatsapp, Telegram e altre applicazioni di messaggistica istantanea e social network”. E’ quanto emerso da un’analisi del telefono del ragazzo scoperto dalla madre. L’indagine ha avuto inizio cinque mesi fa, e sembra ora giunta al termine: si è arrivati a identificare le persone al centro dello scambio di immagini di questo tipo. A quel punto la sorpresa: si trattava di minori, 7 di loro sono addirittura tredicenni. L’individuazione delle persone coinvolte ha poi condotto all’inizio delle perquisizioni eseguite dalla polizia postale, coordinate dal Centro nazionale contrasto alla pedopornografia online, e spalmate in ben 14 province: Lucca, Pisa, Cesena, Ferrara, Reggio Emilia, Ancona, Napoli, Milano, Pavia, Varese, Lecce, Roma, Potenza e Vicenza.
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