Prima di Greyhound: il nemico invisibile, nessuno avrebbe citato Tom Hanks come un ottimo sceneggiatore. I pochi film scritti dal celebre attore americano non hanno mai brillato per coraggio o per successo. Ma mai si era speso così tanto come nell’adattamento del romanzo C. S. Forester.
Dopo Greyhound: il nemico invisibile, dovremmo cominciare a considerare Tom Hanks non solo un eccezionale interprete, ma anche uno sceneggiatore di talento. Partendo da un romanzo di C. S. Forester che racconta la vera storia di una flotta internazionale di 37 navi alleate che, durante la Seconda Guerra Mondiale, attraversarono l’Atlantico del Nord inseguite dagli U-Boot tedeschi, Hanks scrive un film aderendo completamente al punto di vista del capitano Ernest Krause che lui stesso interpreta. Il film è disponibile su AppleTV+.
La scelta di Hanks di “schiacciare” la narrazione sul suo protagonista non è assolutamente banale in un genere di film che invece generalmente si basa sui rapporti tra i membri della ciurma. In questo caso il capitano è l’uomo solo al comando e tutti i suoi sottoposti sono gli spettatori delle sue azioni. Arrivato direttamente in digitale come film originale di Apple+ (dopo essere stato acquistato a maggio a causa dell’emergenza Coronavirus che ne ha impedito il debutto in sala), Greyhound è un film palesemente pensato per il grande schermo cinematografico e non per le piattaforme di streaming. Compiendo l’operazione esattamente inversa a quella di 1917, che quasi marginalizzava i suoi protagonisti all’interno degli spazi che questi percorrevano, il film con Tom Hanks utilizza il montaggio (quasi assente in 1917) per sintetizzare tutto ciò che vuole dire in un unico elemento: il volto del suo attore protagonista.
Ma a sorprendere è anche il controllo e la precisione della regia di Aaron Schneider (al suo secondo film e al debutto nell’azione). Greyhound utilizza le ellissi per eliminare tutto ciò che si frappone fra uno scontro e il successivo, mettendo al centro di tutto la battaglia tra imbarcazioni diverse per forma, misura e tenuta, con il mare in tempesta a fare da elemento di imponderabilità per entrambi gli schieramenti. La scena iniziale del film, quando Hanks regge da solo una lunghissima sequenza introduttiva, basta a sintetizzare il ritmo del film e la sua caratteristica principale: che tutto rimane fermo, tranne il capitano, che si muove velocemente di oblò in oblò e che quasi sempre guarda fuori, nel mare, e quasi mai si rivolge alle altre persone che lo circondano.
È quindi facile intuire, da questa sommaria descrizione, come Greyhound non punti tanto alla descrizione della guerra (come invece tentava di fare, con un po’ di ingenuità, il film di Sam Mendes citato in precedenza) quanto alla sua definitiva astrazione (che poi è una caratteristica comune del cinema di guerra sottomarino). Lo scontro non viene “visualizzato” se non attraverso i segnali dei sonar, i disegni sulle mappe e, ovviamente, le espressioni dei volti di chi quella guerra la sta combattendo, costretto all’angosciante attesa di scoprire le conseguenze delle proprie mosse. Solo quando viene messo a segno il colpo, lo scontro si manifesta in tutto il suo fragore.
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