La lunga battaglia di Paola Perego contro gli attacchi di panico ha portato la conduttrice a tentare di risolvere il problema anche con l’aiuto di un esorcista.
La vita di Paola Perego è stata segnata per lungo tempo dagli attacchi di panico. La conduttrice, che ha raccontato la sua lunga odissea in un libro, è riuscita a superare il problema, ma il ricordo di ciò che ha vissuto è ancora nitido.
Messa nero su bianco la sua travagliata storia e rivelato, per la prima volta, i momenti drammatici vissuti mentre tentava di comprendere e sconfiggere quello che lei ha definito un “mostro”, la Perego ha ammesso di essersi rivolta anche ad un esorcista nella speranza di mettere fine al suo calvario.
Paola Perego ha raccontato al settimanale Diva e Donna di essere ricorsa all’aiuto di Don Luigi (esorcista) per annientare – inutilmente – gli attacchi di panico.
“Don Luigi. I miei genitori erano disperati, mi vedevano star male. Sembravo una posseduta. Mi hanno fatto bruciare cuscini e materassi – ha rivelato lei conscia, oggi, che tutto ciò contro cui combatteva era nella sua testa – . All’improvviso senti che stai morendo e nessuno ti può salvare […] stai per essere aggredita da una belva feroce, peccato che la belva feroce non esiste, sei tu”.
Non è la prima volta, tuttavia, che la conduttrice parla di aspetti sconosciuti della sua vita privata e della lotta contro gli attacchi di panico.
In un estratto del suo libro – “Dietro le quinte delle mie paure” – Paola Perego ha raccontato anche di quella volta in cui tentò di rompersi un braccio per sentire un male fisico vero.
“Il momento in cui pensai di avere toccato il fondo – ma ahimè non lo avevo nemmeno lontanamente raggiunto – fu quando provai in tutti i modi a rompermi il braccio sbattendolo contro il muro – si legge nei passi condivisi dalla Perego su Instagram – . L’ansia non è un dolore reale e io non ce la facevo più a stare male per qualcosa che non si può vedere, così continuai a battere il braccio sinistro contro il muro del salone, con tutta la forza che avevo, nella speranza di sentire qualcosa di vero che non fosse il panico. In quell’occasione scoprii che non è così semplice rompersi qualcosa da soli (riuscii solo a farmi venire una contusione) e scoprii anche che il Mostro era un osso molto più duro di quello del mio braccio. La domanda che mi sono fatta in questi anni è: perché a me? Perché devo essere proprio io la vittima sacrificale dell’ansia?”.
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