Clamorosa rivelazione del quotidiano britannico Financial Times: un miliardo di euro di bond collegati ad attività di mafia sono stati acquistati da investitori internazionali.
Un miliardo di titoli obbligazionari legati ad attività della ‘ndrangheta venduti – ed acquistati – sui mercati internazionali: una notizia clamorosa, lanciata dal Financial Times e che al momento appare confermata. Il quotidiano londinese, che ha avuto accesso a documenti legali e finanziari, scrive che tra gli acquirenti dei bond ci sarebbe Banca Generali, che nell’operazione sarebbe stata assistita da Ernst & Young, già accusata di mancata vigilanza sui conti della tedesca Wirecard. Banca Generali si è dichiarata totalmente all’oscuro della natura dei bond: si ritiene parte lesa e si dichiara pronta a collaborare. Silenzio invece – almeno per ora – da parte di Ernst & Young: la società non avrebbe comunque partecipato alla creazione dei titoli sotto accusa né avrebbe avuto l’incarico di verificarne la provenienza. Come ricostruisce il Financial Times una banca d’investimento europea avrebbe dato vita alcuni anni fa ad una società “veicolo” che tra il 2015 e il 2019 ha emesso e collocato titoli obbligazionari con rendimenti interessanti, soprattutto in questa fase economica. I dividendi di questi titoli erano finanziati grazie ai proventi di diverse società, alcune delle quali si sono poi rivelate legate alla criminalità organizzata calabrese. In particolare società che fornivano servizi alle sanità pubblica. Poiché il frequente ritardo nel pagamento fa scattare, in base alle normative europee, interessi garantiti e vantaggiosi, le fatture emesse diventano fonti di profitto particolarmente invitanti. Sono state quindi “impacchettate” insieme ad altri prodotti perfettamente legali, come avviene per costruire titoli obbligazionari: stessa modalità che fu alla base, ad esempio, della creazione dei mutui subprime, quelli che fecero esplodere la crisi economica del 2008. Tra le società collegate alla mafia e titolari di queste fatture poi cedute, c’era anche un campo profughi in Calabria, che si è scoperto poi essere controllato ed amministrato dalla ‘ndrangheta. La struttura ha ricevuto decine di milioni di fondi dall’Unione europea.
Citando dei dati Europol il quotidiano londinese ha ricordato come il giro d’affari della ‘ndrangheta sia stimabile in 44 miliardi di euro l’anno: traffico di cocaina ed armi e riciclaggio di denaro sporco le principali voci di guadagno. Il Financial Times non riporta il nome di quello che definisce un “campo profughi”, ma in Calabria, nel mirino della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro qualche anno fa c’è finito il Cara di Isola Capo Rizzuto, il centro migranti più grande del Sud Italia. Nell’ambito dell’inchiesta “Jonny” il procuratore Nicola Gratteri e i suoi pm dimostrarono come la ‘ndrangheta si fosse infiltrata nel centro di accoglienza: una operazione che aveva permesso alla cosca Arena di mettere le mani su 32 milioni di euro pubblici. Nel 2017 erano finiti in carcere il governatore della Confraternita della Misericordia Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio, parroco della chiesa di Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto. Per gli inquirenti erano loro che tiravano le fila dell’organizzazione criminale che agiva dentro il Cara e faceva capo al clan Arena. Entrambi sono stati condannati in primo grado per associazione mafiosa.