Coronavirus Vicenza, figlio dirigente Laserjet furioso col padre: ha sbagliato, non si discute. Così il 40enne figlio dell’imprenditore positivo
“Ha ragione il governatore Luca Zaia quando dice che serve il Tso per chi è positivo e rifiuta il ricovero. Curarsi è un dovere nei confronti della comunità, non si può rischiare di contagiare altre persone”. Così il figlio del dirigente della Laserjet (in un’intervista a Il Corriere della Sera) riferendosi a suo padre, attualmente ricoverato in terapia intensiva dopo aver contratto il Coronavirus in Serbia e che pur accusando i primi sintomi febbrili si era recato a un funerale e a una festa piena di gente.Così si era guadagnato la fama di untore. L’uomo si sarebbe tenuto la febbre finché non è stato talmente male da essere costretto al ricovero. Era domenica 28 giugno quando i medici gli chiesero di ricoverarsi ma lui si rifiutò facendosi riaccompagnare a casa in ambulanza.
Era inoltre persino seccato dalle domande fattegli sulle sue frequentazioni per rintracciare potenziali persone contagiate. Tant’è che a quanto pare nell’elencare i nomi per l’indagine epidemiologica sarebbe stato “incompleto”. “Al suo comportamento non trovo alcuna giustificazione logica“, dice suo figlio, ipotizzando “una leggerezza o una sottovalutazione del pericolo al quale stava andando incontro. E pensare che papà all’inizio era molto attento a ogni forma di prevenzione… Ad ogni modo ha sbagliato, e questo non si discute“.
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Per quanto concerne il viaggio di lavoro che il dirigente Laserjet ha fatto in Serbia, è il fratello (anche lui dirigente Laserjet) a smentire che si trattasse di questo. “Il viaggio d’affari di cui ho letto sulla stampa non esiste, non ha niente a che vedere con gli impegni dell’azienda“. E racconta che invece si trattava di “una trasferta privata di cui non ero al corrente e della quale non so niente né posso dire niente“. L’uomo chiarisce anche che in quanto azienda e familiari “diffonderemo un comunicato stampa che chiarisce la nostra posizione”. Dice inoltre di non essere “andato in ospedale e trovarlo, tantomeno so come sta“.
Nel comunicato, che giunge la sera stessa la dirigenza spiega, in breve, che “nessuno di noi ha avuto contatti con lui da svariate settimane” e che c’è grande “rispetto di tutte le precauzioni nelle aziende” dove sono stati “attuati i protocolli anti-Covid in maniera attenta e dettagliata“. Ergo, nelle sedi aziendali “non esiste alcun pericolo né per i clienti né per le persone che ci lavorano“.
Il figlio dell’imprenditore chiarisce infine un punto:”Non è vero che dopo aver rifiutato il ricovero è tornato alla vita di tutti i giorni come se nulla fosse accaduto. È stato riaccompagnato a casa in ambulanza e da quel momento è sempre rimasto barricato in camera da letto per quattro giorni. Il primo luglio è peggiorato e, sempre in ambulanza, è stato portato in ospedale“. Quindi, non è da considerare un untore ma a limite irresponsabile per non essersi messo in quarantena dal primo giorno in cui ha avuto la febbre e per aver rifiutato di ricoverarsi mettendosi in pericolo di vita. E infine chiosa:”Un conto sono la famiglia e l’azienda, un conto è papà. Se lui ha sbagliato non significa che l’azienda sottovaluti il problema allo stesso modo“. E sul fatto che il padre ha preso poche precauzione conclude: “Quando tornerà a stare bene lo chiederò a lui“.