Si è tenuta nel pomeriggio di oggi, a Cerveteri, la presentazione del libro scritto da Marina Conte, la mamma di Marco Vannini.
“Credo che mio figlio sia ancora vivo, nelle pagine. Ogni tanto penso a lui e gli dico… io non ti vedo, ma ti sento”. Sono parole piene di dolore quelle di Marina Conte, in una piazza riempita di giornalisti e di persone, a Cerveteri. Quel posto dove suo figlio Marco Vannini è cresciuto e che oggi ha voluto ricordarlo, ritrovandosi insieme per parlare di ciò che era in vita e ciò che non è più stato dopo la morte. Insieme a Marina c’era Valerio, suo marito, che ha tenuto accanto a sé per tutto il tempo, stretto come se solo il marito potesse dargli forza di fronte al dolore che rivive ogni giorno, di fronte alla paura che non l’ abbandona, di fronte alla mancanza che non si acuisce. Hanno parlato, insieme a Mauro Valentini – autore del libro – di com’è nata l’idea e delle speranze in vista della prossima udienza al processo contro Antonio Ciontoli che si terrà, informa Fanpage, il prossimo 8 luglio.
“Credo ancora nella giustizia. Sono sicura che l’avremo, che ci sarà giustizia per Marco”, ha detto Marina che ha ringraziato i giornalisti presenti ed anche tutti coloro che l’hanno sostenuta durante questa sua battaglia legale durata ormai sette anni. Il dolore non si dimentica, non passerà, così come non passerà la rabbia. Ciò di cui è sicura, Marina, è che la famiglia Ciontoli non avrà mai il suo perdono. “Perdonarli è impossibile, dopo l’ultima intervista dalla Leosini, poi. Non posso perdonarli. Se avessero chiamato mio figlio sarebbe ancora vivo. Cosa posso dire di più?”, ha proseguito la donna. Il libro ripercorre la vita di Marco, per restituirgli l’immagine che gli è stata strappata via dai media e dalla televisione in questi anni.
Un’immagine di lui morto, tant’è che quando si parla di Marco, l’unico riferimento è “delitto Vannini”. Ma Marco era molto di più, dice Marina. Ed è per questo che ha voluto ricordarlo in un libro, affinché possa essere ricordato anche per ciò che era: un ragazzo solare, buono, gentile e pacato. Voluto bene da tutti, conosciuto da tutti, e ucciso proprio dove avrebbe dovuto sentirsi al sicuro. Così, però, non è stato. E la sua tragica fine lascia una ferita amara da ingoiare. C’è il ricordo, però, che può riportarlo in vita. Ci sono le parole che possono farlo tornare a respirare, a correre, e a camminare in quella piazza dove oggi, le persone, avrebbero voluto vederlo così: con gli occhi azzurri, i capelli biondi, e con il suo sorriso.