Strage di Via D’Amelio, il teste: “Scarantino, chiamate non registrate”

Uno scontrino strappato durante una telefonata e intercettazioni che non vengono registrate per presunti guasti tecnici.

Strage via D'Amelio Scarantino, chiamate non registrate

“Venticinque anni dopo abbiamo riprodotto quello che rilevavano a quell’epoca gli operatori di polizia giudiziaria, sostanzialmente un salto indietro nel tempo che è consistito nell’ascolto sulla stessa macchina sulla quale lavoravano allora”. Il riferimento del colonnello della Dia Francesco Papa, sentito oggi come teste nel corso del processo sul depistaggio della strage di via D’Amelio che si celebra a Caltanissetta, è agli apparati che registravano le conversazioni che partivano dal telefono del falso pentito Vincenzo Scarantino quando si trovava a San Bartolomeo a Mare. Uno scontrino strappato durante una telefonata e delle intercettazioni che non vengono registrate per presunti guasti tecnici, è quanto dall’analisi di quattro nuovi episodi che si sono verificati tra il febbraio del 1995 e giugno dello stesso anno.

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“Il primo di questi – ha spiegato il colonnello Papa rispondendo alle domande del pm Gabriele Paci – riguarda un fatto fisico nel senso che come abbiamo visto, insieme alle bobine, esistevano i famosi nastrini, una sorta di rullo di carta termica che l’apparato Rt 2000 emetteva ogni volta che c’era un evento telefonico. Questi nastri a fine attività venivano chiusi, piegati e messi nella stessa custodia delle bobine. Aprendo una di queste custodie invece di trovare un nastro unico ne troviamo uno diviso in 3 parti con uno strappo irregolare. Alle 20.05 del 6 febbraio 1995 c’è una telefonata della quale non troviamo traccia sullo scontrino strappato. Il secondo evento si verifica 22.11 il primo marzo del 1995. Dall’ascolto delle bobine rileviamo una conversazione tra Scarantino e la cognata Maria Pia Basile. Durante la quale questa donna si lamenta. Gli dice che non vuole sapere più nulla di nessuno perché ormai lei è rimasta sola. Si capisce che la cognata non sta vivendo un bel periodo”.

Strage di Via D’Amelio, il teste: “Scarantino, chiamate non registrate”

Dopo la chiamata tra Vincenzo Scarantino e la cognata – ha continuato il sottuficiale della Dia – ce n’è stata un’altra che avviene il giorno dopo nella quale viene composto un numero della questura di Palermo. L’operatore scrive che dall’altra parte non risponde nessuno. Subito dopo questa chiamata, c’è un buco di quattro giorni durante il quale non esiste nessun tipo di conversazione. Il giorno 6 marzo del 1995 l’operatore riporta: causa mancanza energia elettrica, apparato spento fino alle ore 15.11. Dall’ascolto dei nastri però non c’è nulla che ci possa far pensare che ci sia stato un guasto tecnico. Il brogliaccio è vuoto per quattro giorni. La cosa che ci colpisce è che entrambe le macchine non abbiano registrato nulla. Il terzo evento che rileviamo avviene invece il 30 maggio del 1995. Conversazione tra la moglie di Scarantino, Rosalia Basile e la madre. La madre piange per la figlia, poi la saluta, conversazione di carattere familiare. Anche in questo caso c’è una situazione di sofferenza. Subito dopo questa conversazione, il 1 giugno vediamo che Scarantino cerca di mettersi più volte in contatto con uno dei numeri della procura di Caltanissetta. Furono sei eventi telefonici in tutto tra le 17.03 e le 18.23, tutti da un minuto, tranne uno che dura 2 minuti. Abbiamo traccia sullo scontrino ma non ci sono registrazioni. L’audio non esiste. Il quarto e ultimo evento risale al 5 giugno. Anche in questo caso abbiamo una serie di chiamate nei confronti del numero della Procura di Caltanissetta e un altro numero sempre in uso alla Procura dove anche per questi abbiamo una serie di tentativi di chiamate tutti da un minuto, uno di questi ha una durata di 9 minuti. Di questi 9 minuti di conversazione non vi è traccia sulle due bobine ma abbiamo traccia sullo scontrino e anche sul display. In questo caso – ha concluso il colonnello Papa – l’operatore aveva scritto che per guasto tecnico l’Rt veniva riprogrammato”.

Gli imputati del processo sono tre poliziotti: Mario Bò, Fabrizio Mattei e Gabriele Ribaudo. Sono accusati di calunnia aggravata, prestavano servizio nel pool che indavaga sull’attentato di via D’Amelio

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