E’ uscita la prima bozza del decreto Semplificazioni, il decreto volto a sburocratizzare amministrazione pubblica ed edilizia, a favorire la green economy e a riformare l’attribuzione degli appalti. E’ proprio l’articolo 10 del decreto Semplificazioni a far discutere molto, quello in materia edilizia. I Verdi e alcuni esponenti della maggioranza avrebbero parlato di vero e proprio condono. E’ veramente così?
Esce la bozza del decreto Semplificazioni e si dà il via alle prime critiche. Oggi è previsto un vertice di maggioranza per affrontare i punti caldi del dl, 48 articoli che abbracciano le problematiche della pubblica amministrazione, contratti pubblici, green economy ed edilizia. L’idea di fondo è di garantire un alleggerimento della macchina burocratica, in modo da sbloccare a livello normativo l’intero sistema Paese in alcuni settori stagnanti. Eppure, c’è chi paventa un’ipotesi: e se “semplificare” volesse dire “condonare”? Appaiono, infatti, le prime critiche, soprattutto riguardo all’articolo 10, quello in materia edilizia. Le proteste sono ad ampio spettro, alcuni contestano, alcuni parlano di sanatoria, altri di condono. E questo avviene sia all’interno dell’opposizione sia all’interno della maggioranza. Leu definisce l’articolo “un’ennesima sanatoria”. Angelo Bonelli (Verdi) rincara la dose, parlando di una “norma furba e scandalosa”. Per fare chiarezza è necessario analizzare il contenuto dell’articolo discusso.
La prima norma oggetto di polemica è quella relativa a un certo tipo di abuso edilizio, non legato a un incremento del carico urbanistico. Insomma, si tratta degli abusi edilizi di lieve entità. In presenza di questi illeciti l’articolo 10 propone di prevedere esclusivamente una sanzione amministrativa, con la violazione che si prescrive in dieci anni. A spiegarlo nel dettaglio è direttamente la bozza: “Le opere che, un tempo, erano soggette a mera autorizzazione comportano, di norma (ossia fuori dai casi di presenza di vincoli) l’applicazione di una sanzione pecuniaria (commisurata al doppio del valore incrementale). Analogamente, per le sole opere non comportanti aumento di carico urbanistico né vincolate, si è prevista una prescrizione decennale della violazione amministrativa”.
A dirla diversamente è Angelo Bonelli, che afferma polemico: “L’articolo 10 consente la sanatoria per gli immobili edificati abusivamente che risulteranno conformi ai piani regolatori alla data di presentazione della domanda. Una norma furba che consentirà ai Comuni di modificare i piani urbanistici per regolarizzare gli abusivi”. L’idea di fondo è di punire gli abusi minori con una semplice sanzione pecuniaria. A ribadire i vantaggi di questa modifica è lo stesso Governo, secondo cui in tal modo si eviterebbe un “significativo contenzioso bagattellare“. Come riporta Fanpage.it citando la posizione del Governo, si tratterebbe di minor tempo ed energie spese in questioni di poca importanza, per “concentrare le risorse dei pubblici uffici sulla repressione degli abusi significativi, ossia quelli comportanti un aumento, seppur minimo, del carico urbanistico, ovvero incidenti su vincoli specifici”. La prescrizione non riguarderà, quindi, le opere sottoposte a vincoli (bisogna ancora capire quali) e non riguarderà le opere che invece producono un aumento del carico urbanistico.
Ma c’è anche un secondo elemento che desta stupore e preoccupazione. All’interno del Governo avrebbe avuto luogo un “significativo confronto” sulla possibilità di estendere l’accertamento di conformità anche alle opere già avviate, opere che oggi risultano conformi al piano regolatore, ma che non lo erano al momento della loro “iniziale realizzazione”. In questo caso il reato resterebbe reato, ma si eviterebbe la demolizione, riscontrando “l’attuale conformità dell’opera”. Poi la bozza specifica: “Tale accertamento di conformità non opera alcuna sanatoria retroattiva, ma si limita a riscontrare l’attuale conformità dell’opera. Conseguentemente, non estingue i reati eventualmente già commessi ed è assoggettato a una più onerosa contribuzione pecuniaria”.
Intanto arrivano le prime reazioni, e la situazione si fa tesa anche in presenza di polemiche provenienti all’interno dello stesso Governo. E’ il caso del ministro dell’Ambiente Sergio Costa che afferma in un’intervista alla Stampa: “Non amo commentare le bozze, ma la mia posizione non cambia. I condoni non sono ammissibili, sono frutto di una politica vecchia e non risolvono problemi, anzi ne causano di più. Non dirò mai sì a un condono”. Insomma, bisogna aspettare versioni più definitive per capire se si tratti o meno di condono, ma in quel caso Costa è categorico: non firmerà. Molto critici anche esponenti del Pd e il capogruppo di Leu alla Camera, Federico Fornaro, che esprime il suo “no a condoni mascherati”.
D’accordo anche un’altra esponente Leu, Loredana de Petris, che afferma: “Va malissimo tutto quello quel che implica sanatorie di fatto o mani libere sul territorio. Dietro l’alibi della semplificazione non possono nascondersi passi indietro sulla tutela dell’ambiente, deregolamentazioni sul consumo di suolo o ennesime sanatorie”. Italia Viva, attraverso le parole del ministro dell’Agricoltura Bellanova, commenta: “L’unico nostro obiettivo è sbloccare cantieri, solo questo ci sta a cuore”. Insomma, le criticità di questo articolo 10 vengono rilevate un po’ da tutti, sia dentro sia fuori la maggioranza. Tutti si dicono pronti ad opporsi a un condono, resta da vedere cosa accadrà al Consiglio dei ministri, come queste giuste istanze di legalità verranno coniugate con il desiderio di velocizzare senza scadere nel “liberi tutti”.
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