L’ex direttore di Libero dice di sentirsi perseguitato dall’Ordine dei Giornalisti. “Il codice deontologico fa la guerra al vocabolario, è un metodo becero e comunista”, scrive Vittorio Feltri.
Vittorio Feltri si è dimesso dal ruolo di membro dell’Ordine dei Giornalisti. L’annuncio era stato accennato da Alessandro Sallusti, che nel 2010 ne ha preso il posto come direttore de Il Giornale. E lo stesso ormai ex giornalista lo ha voluto confermare con una lettera, che come si poteva immaginare è stata sia lunga che dura nei toni. Una terminologia aspra utilizzata da Vittorio Feltri per attaccare senza mezzi termini proprio i vertici dell’Ordine. Anche perchè, a suo dire, non c’erano gli estremi per attaccarlo in maniera così netta, anche se i fatti sembrano dimostrare il contrario.
“Mi sono dimesso dal Disordine dei giornalisti – esordisce Feltri – , perché lo ritengo indegno di avermi tra i suoi iscritti. Esso mi ha perseguitato per anni avvolgendomi in una nuvola di fumus persecutionis. Mi ha accusato perfino di aver composto titoli sgraditi ignorando, per sottolineare la sua cultura giornalistica, che il direttore editoriale, quale io sono, fa un altro mestiere e non è perseguibile per i contenuti di un quotidiano, esistendo un direttore responsabile cui per contratto e per legge spetta il controllo di ciò che viene stampato”.
Vittorio Feltri nella lettera ha definito l’Ordine dei Giornalisti come una “consorteria di gente sconosciuta al pubblico”. Stando al suo parere, “il Consiglio disciplinare dell’Ordine infatti esamina il linguaggio degli articoli e se lo ritiene politicamente scorretto, ovvero non di suo gusto, procede e condanna”. Si tratta a suo parere di un ente inutile e dannoso, che “si propone di fare la guerra al vocabolario e anche ai concetti che non coincidono con il conformismo progressista dilagante”. Un approccio che, secondo l’ex direttore de Il Giornale, è uno “stile becero e fascista o, meglio, comunista”.
“La mia scelta non mi impedirà di esprimere opinioni da libero cittadino e di esercitare le funzioni di direttore editoriale”, prosegue Feltri. Il quale si sente sollevato di essere uscito “dalla mefitica prigione in cui ero recluso da 51 anni”. Tra le altre cose, nella lettera ricorda di aver ricevuto un anno fa la medaglia d’oro per aver dato lustro alla professione. “Intanto però dava inizio alla recrudescenza della mia persecuzione, peraltro in atto da tempo”, sottolinea Feltri. Il quale fa sapere di non aver mai ritirato la medaglia. E sottolinea alcuni casi in cui fu messo alla gogna nonostante i fatti gli dessero ragione.
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In primis quello che riguarda un recente titolo apparso su Libero, “Vieni avanti Gretina”, per il quale l’Ordine procedette contro di lui. Il fatto che la pubblicazione di questo titolo venne attribuita a lui e non al direttore responsabile, è stata una ferita insanabile per Vittorio Feltri. “A questo punto preferisco abbandonare questa gabbia di incompetenti. Alla mia età, 77 anni, si sopporta tutto tranne le persone moleste che mi prefiggo di denunciare non appena la vicenda si sarà conclusa”. L’ormai ex giornalista ha annunciato che manterrà i suoi ruoli di direttore editoriale e consigliere di amministrazione.
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