Il ministro delle politiche agricole fa capire cose serve per dare ulteriore man forte al suo intervento. “Grazie all’impegno di forze dell’ordine e magistratura e al coraggio di chi denuncia, continuano ad emergere situazioni raccapriccianti”, dichiara la Bellanova.
Teresa Bellanova non arretra di un passo nella sua lotta per la restituzione di una certa dignità ai lavoratori senza diritti. Il ministro per le politiche agricole è tornato a parlarne, nel corso di un’intervista rilasciata per Il Mattino. La Bellanova ha esordito parlando del caso Mondragone, sottolineando l’importanza di trattare l’argomento con delicatezza. “Banalizzare è proprio quanto non si può fare – ha detto – . Tantomeno costruirci su un bailamme magari utile a chi fa campagne elettorali lucrando sulle paure sociali, ma non ad affrontare e dare soluzioni a questioni che si trascinano da anni”.
“Il punto è politico – prosegue il ministro – . E la politica per me ha senso se guarda in faccia quanto accade, anche se è scomodo, a maggior ragione se è complicato, e costruisce soluzioni. Se alimenta ragionevolezza, non conflitto sociale, non guerre tra poveri”. Un punto rafforzato dalla Bellanova in relazione a quanto fatto in passato per cercare di portare alla luce questi fenomeni. Grazie anche all’impegno del Governo Renzi, durante il quale “ci sono stati il Migration Compact, la rigenerazione delle periferie, la legge contro il caporalato e un’indicazione precisa: un euro in sicurezza, un euro in cultura, stabilendo un nesso altrettanto preciso tra conflitto sociale e degrado urbano e indicando gli strumenti giusti per affrontarlo”.
E a chi pensa che casi come quello di Mondragone possano indebolire il suo impegno, il ministro Bellanova risponde così: “È esattamente il contrario. Dà risposte all’emergenza sanitaria che nelle situazioni informali o nei ghetti è fuori controllo, generando rischi evidenti per i cittadini stranieri e italiani. Assume – prosegue il ministro – la responsabilità di guardare in faccia senza ipocrisia quelle contraddizioni che, se lasciate incancrenire, producono conflitto, guerre tra poveri, emergenza sociale. I terreni, cioè, su cui le destre proliferano e che il riformismo snida”. La Bellanova ci tiene a sottolineare che “una legge entrata in vigore 30 giorni fa non può risolvere magicamente questioni lasciate marcire per anni”.
Allora serve una ricetta per far sì che questa sua riforma possa avere dei buoni risultati, sia nel breve che nel lungo periodo. E questa ricetta sembra esserci: “È compito di tutti attuarla nel migliore dei modi. Dell’intera filiera istituzionale, dei corpi sociali coinvolti in prima persona, delle comunità territoriali più esposte alle contraddizioni”. Il modo per riuscirci è evidente secondo il ministro, la quale vorrebbe raggiungere anche con le forme di comunicazione adeguata quelle lavoratrici e quei lavoratori invisibili oggi sotto ricatto del lavoro nero e del caporalato e garantire gli strumenti giusti perché domanda e offerta di lavoro si incrocino in modo legale”.
Eppure c’è chi sostiene che, almeno per il momento, i numeri non diano ragione alla Bellanova. La quale, però, replica sottolineando una crescita costante nelle domande presentate. Tuttavia, la lotta a questi fenomeni considerati vantaggiosi prosegue: “Scontiamo ancora un pezzo di economia dove lo sfruttamento del lavoro, e spesso anche la sua riduzione in schiavitù, sono considerati ignobilmente leve competitive. Grazie all’impegno di forze dell’ordine e magistratura, al coraggio di chi denuncia, continuano ad emergere situazioni raccapriccianti”. Il tutto nel nome di un mantra: “Gli invisibili non sono invisibili, ma persone”.
Leggi anche -> Vitalizi, è corsa contro il tempo: ora tutti sono per il ‘no’
Leggi anche -> Istruzione, ancora critiche ad Azzolina. Calenda: “Il Pd deve mandarla via”
La Bellanova non risparmia il contrattacco a chi l’ha criticata senza colpo ferire, fin dai giorni in cui si iniziava a discutere della sua riforma. “Chi ha criticato la legge contro il caporalato – dice – come chi ha attaccato a testa bassa questa norma per l’emersione e la regolarizzazione dei lavoratori italiani e stranieri, è o rischia di essere complice dei caporali e del lavoro nero e irregolare, di quella concorrenza sleale che in agricoltura ma non solo avvelena le filiere e danneggia migliaia di imprese sane”. Anche perchè la sua norma “riguarda anche i non pochi cittadini italiani che condividono con questi una condizione di marginalità assoluta”.