Ripulendo l’audio della telefonata registrata tra Antonio Ciontoli e il 118, nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015, un gruppo di esperti è riuscito a ricostruire le parole di Marco Vannini, ucciso da un colpo di pistola a casa della fidanzata
Le ultime parole di Marco Vannini, il ragazzo ucciso da un colpo di pistola a casa della fidanzata, sono state ricostruite da un pool di esperti. Una telefonata, in cui si sente la voce del ragazzo, provato, nel bel mezzo di una agonia evidente. “Dov’è il telefono, portamelo, portami il telefono, mi fa male, mi fa male il braccio”. E ancora. “Ti prego basta, mi fa male, portami il telefono”. Ripulendo l’audio della telefonata registrata tra Antonio Ciontoli e il 118, nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015, si è riusciti nell’impresa di ricostruire in sottofondo i lamenti di Marco Vannini, ucciso da un colpo di pistola all’interno della casa della fidanzata, a Ladispoli. Un’agonia, terribile e in diretta. In cui sono state catturate anche le parole di Martina Ciontoli, che provava a calmare il ventenne dicendogli: “Basta, basta”.
L’audio è stato rielaborato dalla società “Emme Team” e mandato in onda dalla trasmissione televisiva Quarto Grado. L’ennesima tessera di quel mosaico di orrori – come ricostruito da Repubblica – che hanno messo insieme gli inquirenti cercando di far luce sulla tragedia del giovane di Cerveteri. Lasciato privo di soccorsi per due ore, mentre i Ciontoli avrebbero cercato soltanto di costruirsi un alibi per evitare di rispondere della pesantissima accusa che pende sulle loro teste: omicidio volontario.
I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma avranno così a disposizione un nuovo pesante elemento il prossimo 8 luglio, quando torneranno a pronunciarsi su Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina Militare e al momento dei fatti al lavoro nei Servizi, la moglie Maria Pezzillo e i figli, Martina e Federico. Tutti devono fronteggiare accuse importanti. Il primo è accusato di aver volontariamente ucciso Marco Vannini e gli altri di non avergli prestato soccorso subito, quando un rapido intervento dei medici avrebbe potuto salvargli la vita.
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Secondo gli inquirenti, i Ciontoli avrebbero aspettato quasi due ore prima di dare l’allarme e far arrivare i soccorsi. Dall’abitazione dei Ciontoli la prima telefonata al 118 partì alle 23.41 del 17 maggio. “C’è un ragazzo che si è sentito male. Si è spaventato”, si limitò a dire Federico Ciontoli. La madre annullò quindi la richiesta di soccorso: “Si è ripreso, l’ambulanza non serve”. Il libro che racconterà la vita e la morte di Marco Vannini verrà presentato il 3 luglio a Cerveteri.
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