Coronavirus, il contagio effetto domino che partì dalla Germania

Tutto sembrerebbe essere partito da lì, dal dipendente della Webasto. L’effetto domino suggerito dai dati epidemiologici spiegherebbe il dramma vissuto nei mesi scorsi, a causa del Covid-19.

Coronavirus da Germania a Italia Webasto focolaio

I dati epidemiologici dicono che tutto è partito da lì, dopo che una dipendente cinese della sede di Shanghai ha partecipato ad alcuni meeting in Germania infettando i primi due colleghi tedeschi. È possibile che il ceppo più virulento del virus, quello che ha ‘impestato’ tutte le regioni del Nord Italia, che ha bucato le nostre frontiere tra il 24 e il 26 gennaio, sia stato portato da un dipendente della Webasto di Stockdorf, o comunque da un tedesco entrato in contatto con il focolaio all’interno dell’azienda. Il quadro dei contagi ricostruito appare complicato e più drammatico. Da quel focolaio, il primo caso conosciuto di contagio uomo a uomo fuori dall’Asia, si è scatenato un effetto domino che non ha travolto soltanto il nostro Paese, ma anche la Spagna e l’Austria, due Stati che a loro volta, contribuiranno a diffondere il virus nelle nostre case.

La Webasto si difende

La Webasto si è così difesa: una volta risultati positivi al nuovo coronavirus i primi due contagiati, la dipendente cinese ripartita per Shanghai il 22 gennaio e il 33enne che inizia a star male la sera del 24, sono stati vietati i viaggi aziendali sia in Germania sia all’estero. La decisione dei vertici del gruppo è arrivata però solo il 28 gennaio, quasi dieci giorni dopo i primi contagi. Che cosa è accaduto nel frattempo? Si è parlato di un dipendente passato nel Lodigiano tra il 24 e il 26 gennaio. L’ufficio stampa del gruppo però non ha confermato. Il problema è che oltre a lui c’erano almeno altri due casi (certi) di contagiati che hanno lasciato la Baviera per andare all’estero.

Il diffondersi inesorabile del virus, il suo percorso

Il primo, già i primi di febbraio risultava positivo al Covid-19, è andato a sciare in Austria con la sua famiglia. Lo ha raccontato lui stesso alla propria azienda. “Non ero troppo preoccupato per me ma per i miei contatti, compresa la mia nipotina, mia moglie, mia figlia, e gli amici con cui ho ero stato in vacanza sulla neve”. La Webasto non ha saputo indicare la località esatta della vacanza. E, anzi, ha dichiarato: “Non capiamo come questo possa essere rilevante per la vostra inchiesta dal momento che l’Istituto Superiore di Sanità italiano ha dimostrato che il virus era in giro nel vostro Paese già da dicembre”. Il punto è che i contagi che vengono registrati tra la fine di dicembre 2019 e gli inizi di gennaio non avevano scatenato alcuna epidemia. Si trattava di casi isolati.

Diffusione covid Germania Italia

Il virus diventa più aggressivo

I primi di febbraio accade poi qualcosa. Probabilmente il virus è mutato e si fa più aggressivo. E quel ceppo, come dimostrato da uno studio portato avanti dall’infettivologo Massimo Galli, è lo stesso del focolaio di Stockdorf. “Tutta l’epidemia iniziale nella zona rossa viene da quel contatto lì, che ha potuto consentire al virus di aggirarsi di nascosto e sottotraccia per quasi quattro settimane prima che si scoprisse l’esistenza del problema in quell’area geografica e anche oltre”. Come si sia diffuso con precisione, non è semplice dirlo. “Qualcuno, o infettato da uno dei dipendenti o dalla stessa signora di Shanghai che ha ‘importato’ l’infezione in Germania (in un bar? in aeroporto?) ha poi trasferito l’infezione in Italia – ha spiegato Galli – l’arrivo nel nostro Paese, in contemporanea, di un ceppo molto simile per altra via sembra francamente improbabile”. Il fatto che il contagiato fosse a sciare sulle piste austriache ha dato vita ad un ulteriore campanello d’allarme. Da lì a un mese, infatti, Ischgl, paesino di appena 1.500 abitanti nella valle di Paznaun, diventerà uno dei più terribili incubatori di tutta Europa. C’è un’inchiesta in corso, portata avanti dalla Verbraucherschtuzverein, l’associazione per la difesa dei consumatori austriaca, che dopo aver lanciato un annuncio sul web ha raccolto oltre 2.500 adesioni, l’80 per cento delle quali da parte di cittadini tedeschi. È partita una class action contro i vertici del Tirolo, li accusa di aver volutamente nascosto l’epidemia in corso. Nel mirino anche una società di catering che non avrebbe reso nota la positività di alcuni dipendenti, riscontrata già a febbraio.

Il traffico aereo e gli scali sotto accusa

Trai problemi anche il traffico aereo, molti turisti non arrivavano a Ischgl volando su Innsbruck. C’era anche chi atterrava a Monaco, aeroporto crocevia dell’Europa centrale. Da qui, per esempio, è partito un altro presintomatico che, dopo esser atterrato a Tenerife, è andato in vacanza sull’isola spagnola La Gomera. Non è un dipendente della Webasto, ma è uno dei tanti “contatti stretti” che sono stati contagiati dal focolaio di Stockdorf. Un amico del terzo contagiato, quello che si infetta il 24 gennaio lavorando per un po’ allo stesso computer del 33enne che sedeva accanto alla dipendente arrivata da Shangai nella riunione da cui tutto è partito. I sintomi per il paziente 3 arrivano il giorno successivo, il 25 gennaio. È in quella giornata che vede quello che chi ha ricostruito la catena del contagio chiama paziente 12, l’uomo che tre giorni dopo partirà per la Spagna. Non un incontro breve, ma una chiacchierata di ben 90 minuti. Dopo l’appuntamento del pomeriggio decideranno di passare insieme anche la serata. Il paziente 3 lo invita a casa sua dove cenano assieme a sua moglie. Tre giorni dopo, il 28 gennaio, il paziente 12 parte per le Canarie.

Traffico aereo Germania italia coronavirus

Perché non è stato bloccato

Come mai non è stato messo in quarantena? La dipendente cinese è risultata positiva il 26 gennaio e il 27 l’azienda avrebbe già immaginare che gli infettati sarebbero pouti essere molti altri. In un comunicato stampa del 28 gennaio, infatti, il Ceo di Webasto, Holger Engelmann, ha comunicato che altri tre dipendenti sono positivi. Tra loro c’è sicuramente il paziente 3, che annovera il paziente 12 tra i suoi contatti stretti e recenti. Eppure l’uomo è stato lasciato libero di prendere il volo per La Gomera e di toccare così almeno due aeroporti lungo il tragitto (per arrivare sull’isola è necessario fare scalo). Verrà poi isolato nell’ospedale Nuestra Señora de Guadalupe soltanto il 30 gennaio, 48 ore dopo la sua partenza.

Il primo caso in Spagna

Ed è questo il primo caso in assoluto di Sars Cov-2 in terra iberica. Anche la Spagna ha un pericoloso legame con l’Italia. Lo snodo del contagio è Valencia e il punto di contatto è la partita giocata una decina di giorni dopo, il 9 febbraio, allo stadio San Siro contro l’Atalanta. E’ opinione di molti studiosi che il match di Champions League sia stato uno dei tanti incubatori che ha fatto esplodere la “bomba Covid” nella Val Seriana. Una cosa è certa: il primo morto in Spagna a causa del coronavirus risulta essere un uomo deceduto il 13 febbraio all’ospedale Arnau de Vilanova di Valencia per una polmonite di origine sconosciuta. Il tampone verrà fatto solo qualche giorno dopo quando nel Paese gli infettati sono già centinaia. Potrebbe essere questo il tragitto che il ceppo del virus isolato dal dottor Galli e dai suoi colleghi ha percorso per arrivare in Lombardia.

Coronavirus dalla Germania alla spagna

Nessun alert a livello comunitario

Naturalmente è impossibile unire i puntini e ricollegare tutti questi casi. I dati epidemiologici ci dicono che il virus, che è arrivato in Italia e in Spagna, è partito dalla Germania. Non solo. La Germania ha avvertito unilateralmente alcuni Paesi di quello che stava accadendo. Ma non ha lanciato l’allarme in Italia né tantomeno si è premurata di mettere al corrente l’Unione europea. “Non c’è stato nessun tipo di alert a livello comunitario – ha dichiarato l’europarlamentare di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza – la Commissione non ha neppure predisposto un protocollo sanitario comune”. Bruxelles si è giustificata dichiarando che alcune misure sono appannaggio dei singoli Stati membri e che le istituzioni europee possono svolgere soltanto un ruolo di coordinamento. Come però fa notare lo stesso Fidanza, avrebbe potuto mettere in campo misure che impegnavano tutti i Paesi. In primis con la chiusura delle frontiere. In quelle settimane, è bene ricordarlo, in alcuni aeroporti non c’erano nemmeno i controlli con il termoscanner. A tutto questo, poi, è andata ad aggiungersi una notevole mancanza di trasparenza da parte di alcuni. “Forse – ipotizza Fidanza – è proprio per questo che l’Italia è stata più penalizzata di altri. Noi siamo stati chiari fin dall’inizio, altri lo sono stati meno, magari con l’obiettivo di evitare l’effetto stigma e salvaguardare l’economia nazionale”.

 

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