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Cronaca

Consulta: libertà di stampa essenziale ma dai social i maggiori rischi

Consulta: libertà di stampa essenziale ma dai social i maggiori rischi. Per la reputazione delle vittime di diffamazione a mezzo stampa

Consulta: libertà di stampa essenziale ma dai social i maggiori rischi

La libertà di stampa è fondamentale ma restano i rischi provenienti dai social per la reputazione delle vittime di diffamazione a mezzo stampa. È quanto ha affermato la Corte Costituzionale nell’ordinanza n° 132 depositata oggi, venerdì 26 giugno. Con tale ordinanza la Corte ha rimandato al 22 giugno 2021 la decisione sui quesiti sollevati dai Tribunali di Salerno e Bari sulla legittimità del carcere ai giornalisti per diffamazione a mezzo stampa. In questo modo il legislatore potrà approvare una nuova disciplina.

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Secondo la Consulta il bilanciamento tra libertà e manifestazione del pensiero e tutela della reputazione attualmente espresso dalle regole in vigore è inadeguato. Ecco perché dovrà essere ripensato dal legislatore “anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (…), che al di fuori di ipotesi eccezionali considera sproporzionata l’applicazione di pene detentive (…) nei confronti di giornalisti che abbiano pur illegittimamente offeso la reputazione altrui“.

Ergo il neo bilanciamento dovrà abbinare “esigenze di garanzia della libertà giornalistica (…) con le altrettanto pressanti ragioni di tutela effettiva della
reputazione individuale delle vittime di eventuali abusi di quella libertà da parte dei giornalisti; vittime che sono oggi esposte, dal canto loro, a rischi ancora maggiori che nel passato. Basti pensare, in proposito, agli effetti di rapidissima e duratura amplificazione degli addebiti diffamatori determinata dai social network e dai motori di ricerca in internet“.

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Il legislatore dovrà “disegnare un equilibrato sistema di tutela dei diritti in
gioco, che contempli non solo il ricorso (nei limiti della proporzionalità rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva dell’illecito) a sanzioni penali non detentive nonché a rimedi civilistici e in generale riparatori adeguati (come in primis l’obbligo di rettifica), ma anche a efficaci misure di carattere disciplinare“.

Tuttavia il legislatore potrà sanzionare con il carcere “le condotte che, tenuto conto del contesto nazionale, assumano connotati di eccezionale gravità dal punto di vista oggettivo e soggettivo, tra le quali si inscrivono segnatamente quelle in cui la diffamazione implichi una istigazione alla violenza ovvero
convogli messaggi d’odio“.

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