La madre, il padre e la zia del ragazzino di Arzachena, maltrattato crudelmente e segregato in una villetta, hanno ascoltato la sentenza del giudice Marco Contu, impassibili: sono stati condannati a otto anni di reclusione. Revocata anche la potestà genitoriale.
Rinchiuso in uno stanzino buio senza un letto e senza il bagno, picchiato con un tubo di gomma e umiliato. Il piccolo si è rivolto ai carabinieri chiedendo aiuto: “Scusate se vi disturbo, mi hanno rinchiuso”. Comincia così il caso del bambino salvato ad Arzachena e conclusosi oggi con la condanna a 8 anni per la zia, la madre e il padre del piccolo. La sentenza è stata emessa oggi con condanne inferiori a quelle richieste dai pm Luciano Tarditi e Laura Bassani, che per i tre chiedevano in tutto 15 anni di carcere: 12 anni per il sequestro e tre per i maltrattamenti inflitti al bambino.
La casa degli orrori
“Scusate se vi disturbo, io sto cercando di chiamare mia zia. Ho bisogno di parlare con lei ma adesso sono chiuso in camera e questo cellulare non ha la scheda, dunque non posso chiamarla”. L’appello del piccolo, fatto ai carabinieri un anno fa, il 29 giugno 2019. Il bimbo non aveva idea che gli uomini dell’arma sarebbero intervenuti tempestivamente, scoprendo il degrado e l’orrore in cui la famiglia lo aveva segregato. Senza il bagno, ma con a disposizione solo un secchio, dentro uno sgabuzzino buio e senza un letto. Così lo hanno trovato i militari. Dal suo racconto, non appena il bambino ha capito di essere al sicuro, è emerso un universo di abusi psicologici, percosse e minacce. Il piccolo, infatti, che mai aveva dato problemi, come confermato a scuola, veniva umiliato e picchiato con un tubo di gomma e tenuto rinchiuso nella prigione improvvisata.
Il giudice sembra almeno in parte aver accolto le richieste della difesa degli imputati che avevano chiesto clemenza. I genitori della giovanissima vittima devono anche pagare centomila euro di provvisionale. “Pena equa – è il commento dei difensori dei genitori del ragazzo, Alberto Sechi e Marzio Altana – sicuramente una condanna non clemente. Faremo appello per la mancata concessione delle attenuanti generiche”. Durante l’arringa l’avvocato Angelo Merlini, che difende la zia, ha evidenziato come la donna, indicata come l’ispiratrice delle severe punizioni inflitte al 12enne per correggere comportamenti ritenuti troppo aggressivi, avesse già riconosciuto ampiamente le proprie responsabilità nella vicenda: “Non mi aspetto nessun perdono, spero che arrivi col tempo. Accetto la decisione dei giudici”. Quest’ultima ha inoltre già iniziato un percorso di rieducazione sociale alla luce di un disturbo della personalità emerso da una perizia specialistica.