Il caso dei mille contagiati nel mattatoio di Guetersloh, in Germania, accende l’allarme contagio: quei luoghi di lavoro sono tra i più pericolosi per l’infezione.
Sono saliti a oltre mille i contagiati da coronavirus nel più grande mattatoio d’Europa, a Guetersloh: siamo nel Land tedesco del Nordreno-Vestfalia, ed il numero degli infetti è in aumento così rapidamente da spingere le autorità tedesche a pensare di istituire una nuova zona rossa. Ma quel mattatoio non è l’unico ad essere teatro di un focolaio di coronavirus: casi più piccoli si sono registrati in altri mattatoi del Paese, così come in Irlanda, Francia, Regno Unito, Olanda, Spagna, Canada. Negli Stati Uniti, il luogo al mondo più colpito da Cvid 19, addirittura sono quasi 200 gli impianti di macellazione trasformati in focolai infettivi, con circa 24 mila contagi e un centinaio di vittime. Anche in Italia abbiamo avuto il nostro caso: a Palo del Colle, in provincia di Bari, per due settimane è stato chiuso lo stabilimento Siciliani: 71 impiegati erano risultati positivi al virus. I mattatoi sono dunque luoghi di “eccellenza” per la propagazione del virus? Sembrerebbe di si. Sono diverse le concause che rendono questi ambienti di lavoro particolarmente a rischio, a partire dalle dinamiche della lavorazione delle carni: turni di lavoro lunghi e affollati dove gli operai devono stare molto vicini tra di loro per poter seguire la catena di montaggio mentre le carcasse di polli, bovini, maiali sfrecciano su ganci o nastri trasportatori. Spesso i lavoratori hanno solo pochi secondi per eseguire il loro compito, prima che arrivi un nuovo pezzo di carne. È un lavoro molto faticoso e frenetico, si respira con difficoltà per la fatica, indossare la mascherina può essere quasi impossibile perché manca il fiato.
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Poi c’è la questione delle urla: i lavoratori devono gridare quando devono parlarsi per sovrastare il rumore delle macchine. Espirare molto e parlare ad alta voce sono due elementi che aumentano i rischi: viene emessa una maggiore quantità di droplets che sono potenzialmente infettivi. All’alto tasso di infezioni contribuiscono certamente anche le basse temperature: il coronavirus, come altri virus, sembra preferire il freddo, ambiente in cui può sopravvivere più a lungo fuori dal corpo, aumentando la sopravvivenza nell’aria. Infine questi impianti sono dotati di sistemi di ventilazione molto potenti per impedire che la carne si deteriori. Per rispettare le distanze di sicurezza bisognerebbe rallentare il ritmo di produzione limitando il numero di operai. Il lavoro nei mattatoi è particolarmente usurante, ed in molti Paesi è affidato a persone sottopagate, provenienti da contesti socio economici difficili, precari ed emergenziali. I lavoratori, quasi sempre stranieri, vivono spesso in appartamenti sovraffollati adiacenti all’impianto oppure devono affrontare lunghi viaggi sui mezzi pubblici – spesso altrettanto affollati – per raggiungere il posto di lavoro. I controlli sanitari non sono sempre puntuali, la misura della temperatura, i tamponi ed i test sierologici non sono sempre garantiti. Un insieme di fattori che rendono i mattatoi luoghi ad alto rischio di contagio.
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