“Il Mostro di Firenze” è un nome usato per indicare l’autore di una serie di omicidi avvenuti negli anni ’70 e raccontati oggi ad “Un giorno in Pretura”.
Il Mostro di Firenze è un’identità molto discussa che fa riferimento all’autore o agli autori di una serie di otto duplici omicidi avvenuti fra il 1968 e il 1985 nella provincia di Firenze. Uno o più serial killer terrorizzarono la zona uccidendo in diverse occasioni molteplici coppie di fidanzati. L’inchiesta ha portato alla condanna in via definitiva di due uomini identificati come autori materiali di quattro duplici omicidi, i cosiddetti “compagni di merende” Mario Vanni e Giancarlo Lotti (reo confesso e chiamante in correità dei presunti complici), mentre il terzo, Pietro Pacciani, condannato in primo grado a più ergastoli per sette degli otto duplici omicidi e successivamente assolto in appello, è morto prima di arrivare ad una nuova condanna.
C’è grande attesa per la puntata di questa sera di Un Giorno in Pretura in cui attraverso la voce di Roberta Petrelluzzi si ripercorrerà la seconda parte del processo dedicato al mostro di Firenze in cui sfileranno una serie di personaggi collegati agli omicidi avvenuti nella campagna fiorentina. Cosa ci faceva un gruppo di uomini di mezza età in quelle zone? Erano davvero lì solo per spiare oppure hanno avuto un ruolo attivo nella morte di Antonio Lo Bianco e Barbara Locci (21 agosto 1968), Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini (14 settembre 1974), Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio (6 giugno 1981), Stefano Baldi e Susanna Cambi (22 ottobre 1981), Paolo Mainardi e Antonella Migliorini (19 giugno 1982), Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch (9 settembre 1983), Claudio Stefanacci e Pia Rontini (29 luglio 1984), Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot (7/8 settembre 1985)?
Per molti anni il mistero sulla vera identità del Mostro, rimase segreto. Pietro Pacciani diventò il primo sospettato nel 1991, mentre si trovava in carcere per la condanna per stupro nei confronti delle sue due figlie e una lettera anonima accese i riflettori su di lui. Il pool di Perugini, oltre alla missiva, aveva il nome di Pacciani schedato nel computer fra le molte persone aventi le caratteristiche per essere l’assassino seriale. Gli inquirenti si convincono, accumulando indizi, che Pacciani sia il serial killer con la tesi che ucciderebbe le coppie per rivivere, da “vincitore”, il delitto del 1951, accanendosi particolarmente sulla donna che simboleggia l’ex-fidanzata che l’ha tradito. Verità o finzione? Il dubbio sarà impossibile da risolvere perché Pacciani prima condannato e poi assolto, morirà prima che gli venga attribuita una pena definitiva. Vanni invece sarà arrestato in concomitanza con l’assoluzione, poi annullata, di Pietro Pacciani, per concorso in duplice omicidio e vilipendio di cadavere, messo in atto secondo l’accusa proprio assieme a Pacciani. L’espressione “Compagni di Merende” fu da lui stesso coniata rispondendo ad una domanda mal compresa dei giudici a processo. Vanni fu condannato al carcere a vita. La condanna, per soli quattro degli otto duplici omicidi, è stata resa definitiva nel 2000 dalla Corte di Cassazione. Lotti, invece, rese confessione agli inquirenti costretto dalla testimonianza dell’amico Fernando Pucci, che indicò di aver visto il delitto di Scopeti del 1985 e di essere stato lì condotto da Lotti stesso: «La visibilità non era male perché c’era la luna crescente, quella buona perché nascano i funghi. Appena ci si avvicinò vedemmo due persone tra la macchina che ho detto e la tenda. Una era più bassa e tarchiata e l’altra era più alta. Quello tarchiato aveva in mano una pistola. Quello più alto aveva in mano un coltellone da cucina. Quello tarchiato ci vide e ci disse subito dietro: Vi ammazzo, vi ammazzo, andate via! Noi si girò le spalle e si scappò. Quando si fu tornati all’altezza della macchina io ero parecchio impaurito. Uno dei due mi parve il Vanni, anzi era sicuramente il Vanni. Quello tarchiato con la pistola, lo riconobbi per il Pacciani.» Lotti ammise gli omicidi e tirò dentro tutti.
Nella primavera del 1988 Mariella Ciulli, ex moglie di Francesco Calamandrei, farmacista di San Casciano, raccontò che alcuni anni prim aveva trovato in casa una pistola, precisamente una Beretta calibro 22, e nel frigorifero alcuni macabri feticci, a sua detta provenienti dalle vittime femminili del mostro di Firenze. Calamandrei verrà accusato di essere il mandante degli omicidi. Il 21 maggio 2008, al termine di un processo con rito abbreviato incominciato nel settembre 2007, Calamandrei venne definitivamente assolto.
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