Merkel, Macron e Conte: su Recovery Fund bisogna chiudere entro l’estate

Dal Summit per definire regole e condizioni del Next Generation Project arrivano novità: sul tavolo l’esigenza di accelerare i lavori per dare il via al Recovery Fund entro l’estate. D’accordo Merkel, Macron e Conte. 

Nuove evoluzioni dal Summit europeo per stabilire i dettagli del maxi programma di finanziamento proposto dalla Commissione europea, il Next Generation Project. Le istituzioni europee sembrerebbero propense a premere sull’acceleratore, in linea con le posizioni di Angela Merkel, Emmanuel Macron e Giuseppe Conte. L’idea venutasi a definire sarebbe quindi quella di presentare un Recovery Fund strutturato e pronto all’uso prima della pausa estiva. Lo scopo del pressing sarebbe anche quello di superare in tal modo le frizioni dei Paesi del Nord. D’accordo anche il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che in video conferenza fa sapere: a metà luglio avrà luogo un secondo Summit. I leader di tutti i Paesi membri si recheranno a Bruxelles per stringere accordi finali sui 750 miliardi proposti dalla von der Leyen.

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Ma in cosa consiste il Recovery Fund? E’ un fondo ideato grazie alla partecipazione attiva della Commissione Ue. Grazie agli Eurobond la Commissione dovrebbe riuscire a raccogliere sul mercato 750 miliardi di euro da distribuire ai Paesi membri più colpiti dal coronavirus. Circa 500 miliardi si presenterebbero sotto forma di aiuti da non rimborsare. I restanti 250 miliardi invece costituiscono prestiti a basso costo. L’Italia, primo beneficiario, riceverebbe dal Recovery Fund circa 172 miliardi di euro. Soldi che sono anche al centro della discussione interna in atto agli Stati generali, fortemente voluti da Conte. Tra le proposte di modifica sul tavolo in Europa ci sarebbe anche l’idea di eliminare parte della dotazione finanziaria del Fondo, ad esempio riducendo la parte prestiti. Secondo Germania e Francia potrebbe essere sostituita con i seguenti fondi: Mes (per la sanità), Sure (ammortizzatori) e Bei (fondi per le imprese). Infatti, durante il Summit la posizione di Macron è stata abbastanza esplicativa: il premier si è speso in difesa dei 500 miliardi di sovvenzioni, non dei 250 miliardi di prestiti. Ma le modifiche sul tavolo sono tante, gli interessi contrapposti. La speranza è di chiudere gli accordi entro fine dell’estate, tuttavia, per riuscirci, serviranno certamente altri Summit previsti per luglio.

“Il tempo è un lusso che non possiamo permetterci”

Premono sull’acceleratore i premier europei di Germania, Francia e Italia. A fare la voce grossa durante il vertice è stata innanzitutto la cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha sottolineato l’importanza e l’urgenza di raggiungere un accordo sul Recovery Plan prima della pausa estiva. L’Ue, come ribadito dalla Merkel, sta attraversando una sfida epocale, la recessione più grave dopo la Seconda guerra mondiale, non è consentito indugiare. Si è poi accodato Emmanuel Macron, che chiede una chiusura dell’accordo entro luglio con lo scopo di inviare un segnale positivo ai cittadini e alle borse. Con loro, anche il premier italiano Giuseppe Conte: il Consiglio europeo “deve essere all’altezza della sfida”, e deve farlo “con una decisione politica ambiziosa“. In sostanza, secondo Conte l’asticella posta dalla Commissione (750 miliardi di euro) non va abbassata, e anzi la proposta andrebbe concretizzata “assolutamente entro luglio”.

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Dall’altro lato, non sembra esserci nessuna frenata da parte delle istituzioni europee, in armonia con quanto espresso dai premier. A confermare l’esigenza di fare in fretta è stato anche il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli: “La portata della crisi sanitaria e le sue ripercussioni economiche sono diventate ancora più evidenti: il tempo è un lusso che non possiamo permetterci, dobbiamo agire con urgenza e coraggio, perché i cittadini, le imprese e le economie dell’Unione hanno bisogno di una risposta immediata”. Sulla stessa linea anche Ursula von del Leyen, che ha affermato: “Il nostro pacchetto aiuterà l’Europa per una ripresa resiliente, sostenibile e digitale, ora dobbiamo unire i nostri sforzi, non è consentito alcun ritardo”.

Alcuni Paesi frenano ancora

Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz non sembra però totalmente convinto, nonostante l’asse abbastanza solido formato dai premier sopracitati e dalle istituzioni europee. Kurz, infatti, al termine del Summit ha affermato: “Il Recovery Fund non deve aprire la strada a un’unione del debito, deve esserci un limite di tempo e si deve discutere su chi paga quanto, di chi beneficia di più e di quali condizioni vincolano gli aiuti”. Non si è fatta attendere la risposta di David Sassoli, per il quale il Recovery Fund è “una proposta ambiziosa che per noi rappresenta la base minima di partenza. Non accetteremo nessun passo indietro”.

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Restano contrari, quindi, Austria, Olanda, Svezia e Danimarca. Frenano, ma in maniera meno convinta rispetto a prima. Infatti il premier olandese Mark Rutte ha sottolineato il suo ottimismo nei confronti delle future riforme del Governo italiano. La dichiarazione ha tanto più valore vista la politica economica dei Paesi nordici, più volte ribadita: se ci deve essere un fondo, questo va utilizzato per creare riforme a lungo termine, non per distribuire bonus e ammortizzatori di breve respiro. Per quanto riguarda il gruppo Visegrad, anche da quel fronte le posizioni sembrano più morbide, posizioni alle quali sembrano sottrarsi (ormai) anche Polonia e Slovacchia.

Alice De Gregoriis

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