Due appuntati dei carabinieri in servizio a Giovinazzo, in provincia di Bari, sono finiti in manette. Ricevevano denaro con cadenza mensile, assegni o beni in cambio di informazioni riservate su indagini in corso.
Avevano rivelato informazioni riservate relative a indagini in corso, a potenti boss della loro zona. E in cambio avevano ricevuto diversi doni, per un valore complessivo che supera i 400mila euro. Una condotta che era andata avanti per diversi anni, tra il 2012 e il 2018, ma che è stata finalmente smascherata e ha portato a due arresti. In manette sono finiti due appuntati in servizio presso la stazione dei carabinieri di Giovinazzo, in provincia di Bari. Come detto, si sono resi protagonisti di un vero e proprio servizio di spionaggio nei confronti di malviventi del comune pugliese.
Il metodo seguito era sempre lo stesso. Gli uomini vicini al clan mafioso dei Di Cosola attendevano da un momento all’altro alcuni messaggi dai due carabinieri. Questi rivelavano alcune informazioni che riguardavano altri esponenti vicini alla famiglia malavitosa, finiti al centro di indagini ancora in corso. In questo modo, i vertici del clan riuscivano ad aggirare le ricerche e a sfuggire dalle grinfie delle forze dell’ordine. Ben presto, il “servizio” prestato sarebbe stato ben ripagato dai fruitori di queste informazioni riservate, con una serie di regali elargiti ai due appuntati.
E così, nelle tasche delle due “talpe” sono finiti, in questi sette anni, oltre 400mila euro da suddividere tra denaro e altri beni. I due carabinieri venivano ripagati con cadenza mensile – come se fosse un vero e proprio stipendio – con somme che oscillavano tra 500 e 1.000 euro. E poi venivano offerte loro le tradizionali ceste natalizie con cibo e altre vivande, ma anche televisori e altri elettrodomestici per la casa. Tuttavia, questa pratica è stata finalmente scoperta dopo una lunga indagine. I carabinieri coinvolti sono Antonio Salerno, 51enne di Bisceglie e Domenico Laforgia, 50enne di Molfetta.
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In cella, insieme ai due appuntati, sono finiti anche Gerardo Giotti e Mario Del Vecchio. Il primo è un commerciante di Ruvo di Puglia, accusato di aver fatto da intermediario in questi anni tra i vertici del clan dei Di Cosola e i due carabinieri. Il secondo il vero e proprio promotore di questa organizzazione, fatta di scambio di favori tra chi rallentava le indagini e chi ne usufruiva dando in cambio beni materiali. In particolare Del Vecchio, tramite Giotti, avrebbe indotto gli appuntati a rivelare informazioni riservate su operazioni di polizia giudiziaria. Tra i doni elargiti, anche il risarcimento per uno dei due carabinieri del danno di un incidente stradale organizzato ad hoc per ottenerne l’indennità di servizio per la malattia.
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