Il magistrato aveva rilasciato alcune dichiarazioni sulla vicenda Consip di cui era stato titolare. Il caso era stato poi trasmessa alla procura di Roma. La Sezione disciplinare l’ha assolto ritenendo il fatto contestato di scarsa rilevanza
La sezione disciplinare del Csm ha assolto il procuratore aggiunto di Napoli John Woodcock all’esito del nuovo procedimento sul caso Consip. La contestazione che gli veniva rivolta è stata giudicata di scarsa rilevanza. “La vicenda riguarda un profilo — ha detto Woodcock — che viene ancora prima dei profili funzionali, ovvero quello della correttezza, della lealtà e dell’onore. Si tratta di valori che ci vengono trasmessi, ancor prima di diventare magistrato, dai nostri genitori; una piccola biblioteca che va in fiamme quando scompaiono”.
Per questo, Woodcock — rivolgendo dichiarazioni spontanee — ha rivolto alla Sezione disciplinare del Csm la richiesta di vedersi riconosciuto l’onore e la lealtà. E anche il suo difensore, l’ex pg di Torino Marcello Maddalena, ha voluto sottolineare in udienza la bontà dell’operato del suo assistito. “Nemmeno il peggior nemico del dottor Woodcock – ha spiegato – può trovare in questi atti la benché minima traccia di qualcosa che abbia scalfito la sua immagine dentro e fuori gli uffici giudiziari. Il dottor Woodcock ha il dogma della correttezza e la sezione disciplinare gli deve restituire ciò che per lui fa parte del proprio onore”.
I capi d’accusa e l’assoluzione da parte dei giudici
Woodcock era finito sotto accusa per alcuni “virgolettati” che gli erano stati attribuiti, nei quali esprimeva valutazioni sull’inchiesta Consip, di cui era stato titolare ma che era stata poi trasmessa e visionata dlla procura di Roma. In questo modo, secondo quanto aveva stabilito nel 2009 la Sezione disciplinare del Csm, aveva compiuto una grave scorrettezza nei confronti del suo allora procuratore capo Nunzio Fragliasso che gli aveva chiesto di “osservare il più stretto riserbo sul caso Consip”.
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A Palazzo dei Marescialli il pm aveva ribadito di aver espresso quelle riflessioni in un colloquio “che sarebbe dovuto rimanere salottiero” con una giornalista amica. Quest’ultima, invece, tradì l’impegno verbale in cui assicurava di non scrivere nulla. “Io sono stato tradito. Se questo inganno, questo tradimento, debba essere causa della mia condanna lo lascio alla serenità della vostra camera di consiglio”, ha detto prima che i giudici si ritirassero per la sentenza. La stessa giornalista, testimoniando, aveva ammesso: “Avevo promesso di non scrivere nulla, ma prevalse il demone giornalistico e la voglia di fare scoop”.