Il Papa nell’udienza generale dedicata alla preghiera e alla figura di Mosè ha affermato: i pastori devono essere “ponti” tra i fedeli e Dio. Non devono “fare carriera” con il loro popolo.
E’ quanto affermato da Papa Francesco durante l’udienza generale dedicata alla preghiera e alla figura di Mosè. Per l’occasione il Papa ha ribadito: i pastori della Chiesa devono fungere da “ponti” tra Dio e il popolo, non fare carriera tramite il popolo. Come Mosè, che “non negozia il popolo, è il ponte, è l’intercessore, non vende la sua gente per far carriera, non è un arrampicatore. Che bell’esempio per tutti i pastori che devono essere ponte”, che pensano: “non voglio fare carriera con il mio popolo”. Mosè resta punto di riferimento anche per quanto riguarda il perdono, perché la vera preghiera intercede ma non condanna: “Tutti appartengono a Dio: i più brutti peccatori, la gente più malvagia, i dirigenti più corrotti sono figli di Dio. Pensiamo a Mosè quando ci viene voglia di condannare qualcuno. Arrabbiarsi fa bene, è un po’ di salute, ma condannare mai”.
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Oggi ricorre anche la Giornata della Coscienza, legata alla figura del diplomatico portoghese Aristides de Sousa Mendes. Il Papa rivolge un pensiero anche a lui e a ciò che ha insegnato ai fedeli: “Ricorre oggi la Giornata della Coscienza, ispirata alla testimonianza del diplomatico portoghese Aristides de Sousa Mendes, il quale, ottant’anni or sono, decise di seguire la voce della coscienza e salvò la vita a migliaia di ebrei e altri perseguitati. Possa sempre e dovunque essere rispettata la libertà di coscienza; e possa ogni cristiano dare esempio di coerenza con una coscienza retta e illuminata dalla Parola di Dio”. Una “coscienza retta” che include al suo interno anche solidarietà e caritas. Per questo il Papa ha riproposto l’appello alla coesione e all’altruismo in questo momento difficile. Per Bergoglio è necessario, ora più che mai, apportare “aiuto agli affamati, agli sconfitti della vita, ai poveri, ai bisognosi e soprattutto ai senzatetto. Oggi ricorre anche la memoria liturgica “del Santo Fratello Albert Chmielowski, protettore dei poveri. Egli aiutava i senzatetto e gli emarginati a ritrovare un posto degno nella società. Avendo egli imitato l’esempio di San Francesco d’Assisi, viene chiamato il ‘Poverello’ polacco”.