Il 6 dicembre 2007 nella sede di Torino della ThyssenKrupp morirono 7 persone a causa di un incendio. Ai due responsabili è stata concessa la semilibertà
La pena sancita dalla procura tedesca non accontenta le famiglie delle vittime, che chiedono a gran voce giustizia e verità. Per i due manager sono previsti 5 anni di reclusione con una formula di semilibertà: passeranno la notte in carcere, mentre durante il giorno saranno liberi di andare a lavorare nella loro azienda. Una misura che secondo i parenti dei deceduti nel rogo di quel 6 dicembre 2007 è inadeguata. Ad accrescere i motivi di protesta c’è anche il fatto che la condanna, per ora, è rimasta solo sulla carta. L’avvio della pena per Espenhahn e Priegnitz infatti non è ancora stato disposto e inizierà forse entro un mese.
La notizia della sentenza arriva da Radio Colonia, un’emittente in lingua italiana che ha trasmesso l’intervento della procuratrice di Essen, Annette Milk. “È previsto che i due condannati scontino la pena con il cosiddetto ‘offener Vollzug’. Il che significa che saranno detenuti in un penitenziario, ma potranno lasciarlo ogni giorno per andare a lavorare e dovranno tornare la sera”. Questa la sintesi della procuratrice tedesca.
All’arrivo della comunicazione a proposito della semilibertà prevista per i due manager tedeschi a Torino si sono scatenate le proteste.
“Ci incateneremo a Roma. Andremo a Essen. Qualcosa faremo. Devono dirci come è possibile questa cosa”. Queste le parole di Rosina Platì, madre di una delle vittime del rogo. A fare eco alle sue proteste ci sono molte altre voci di parenti delusi dalla sentenza che vogliono giustizia per i loro cari.
Non solo. Anche Antonio Boccuzzi, uno degli operai ThyssenKrupp sopravvissuto all’incendio, non trattiene l’amarezza per la decisione della procura di Essen. “Sono basito. Devono ancora inventare un aggettivo per esprimere le sensazioni che sto provando ora. La notizia è inattesa quanto vergognosa.” – afferma l’uomo. Boccuzzi definisce la pena “pazzesca, incredibile, discutibile” e rivendica il diritto di protestare contro una decisione che ritiene ingiusta. “Mi hanno insegnato che le sentenze e le decisioni del tribunale non si discutono. Credo però che sia arrivato il momento di iniziare a discuterle, altrimenti non vale più niente. In questo processo non c’è più nulla di normale.”. Così conclude l’operaio ThyssenKrupp.
Anni fa la prima delusione per i familiari delle vittime: la detenzione prevista dalla Cassazione Italiana era stata ridotta a 5 anni, che in Germania costituiscono la pena massima per l’omicidio colposo. Espenhahn e Priegnitz però non sono mai stati realmente arrestati. Anzi. Sembrerebbe che i due manager continuino a lavorare presso l’azienda ThyssenKrupp, nella sua sede di Duisburg. La semilibertà per i due indagati decretata dalla corte di Essen non fa che accrescere il dolore e la rabbia di chi quel maledetto 6 aprile 2007 ha perso un proprio caro.
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